Da Sartirana a Scaldasole

Sartirana, il "paese delle rane", così come viene definito in un bel racconto di Pinina Rota Fo, madre del premio nobel Dario Fo, ci accoglie con la poderosa mole del castello, senz’altro uno dei maggiori e più importanti della Lomellina, in quanto costituiva il punto forte della difesa sud-occidentale del territorio pavese. Attorno al maniero si sviluppa il borgo antico con caratteristici vicoli, edifici di origine quattrocentesca con interessanti vestigia d’epoca e belle chiese ricche di opere d’arte.

Proseguiamo sulla statale per Alessandria e, deviando a Torre Beretti, raggiungiamo Frascarolo. Ci sta di fronte il prestigioso castello, detto "grande" per distibguerlo da due altri fortilizi irrimediabilmente distrutti in precedenza. La costruzione attuale risale al 1512, anche se il complesso fu trasformato alla fine del 1800 secondo i canoni estetici dello stile neogotico in voga in quel periodo. Le modifiche apportate all’originario impianto visconteo e sforzesco bene si inseriscono nella strutturadell’antico fortilizio, ma anche in tutto l’ambiente circostante, formando un complessodi gusto romantico e di grande pregio architettonico. Lasciata Frascarolo in direzione Pieve del Cairo, deviamo dopo non più di un chilometro per raggiungere l’Abbazia di Santa Maria di Acqualunga, immersa nel verde di una riserva naturale, fra boschi di salici ed ontani, negli ultimi anni riscoperti ed abitati da colonie di aironi, garze e nitticore. Il complesso abbaziale, fondato dai cistercensi a cavallo tra il XII ed il XIII secolo, &egarve; formato dalla chiesa romanica, a tre navate, dal monastero con un chiostro cinquecentesco e dal retrostante cascinale rurale. Non guasta una breve sosta nei giardinetti di fronte alla chiesa per godersi la stessa pace e lo stesso silenzio un po’ mistico che, ora come un tempo, immerge il monastero medievale e la solitaria campagna che lo circonda.

Da Acqualunga a Pieve del Cairo attraversiamo una campagna profondamente segnata dall’antico corso del Po: piccoli stagni e lanche ricurve, l’avvallamento dell’antico alveo e la rapida scarpata fluviale. Il fiume è stato per queste zone un compagno fondamentale nella storia di tanti secoli: quasi sempre apportatore di benefici e ricchezze, a volte ha scaricato tutta la sua forza distruttiva su queste terre. E’ il caso di molti paesi sorti sulle sue rive, ma in particolare di Suardi, interamente ricostruito a partire dal 1815, dopo che una piena del Po aveva inghiottito il piccolo comune di Borgofranco. Visitiamo la quatrocentesca chiesa di San Bartolomeo, salva perché situata lontano da primitivo borgo, e svoltiamo a sinistra alla volta di Pieve del Cairo. La cittadina ebbe la sua gloria nel 1512, quando i suoi abitanti liberarono il cardinale Giovanni de’ Medici, poi papa col nome di Leone X, che, catturato dai Francesi nella battaglia di Ravenna contro le truppe papali, veniva scortato oltralpe. Entrati in paese troviamo la massicci costruzione del castello della famiglia Beccaria e l’imponente arco trionfale, eretto nel 1599 in onore del passaggio di Margherita d’Austria, in viaggio verso la Spagna per sposare il re Filippo III.

Rientriamo sulla statale 211 della Lomellina e la lasciamo subito per dirigerci, sulla sinistra, prima a Tortorolo, dove l’antico castello del XIV secolo domina alto il piccolo borgo rurale con un’unica stradac ancora acciottolata, e subito dopo Mede, un industrioso centro che affianca le antiche attività legate all’agricoltura (a Mede si trova, ancora funzionante, una delle più antiche e note rioserie lomelline) con la pi&ugreve; recente attività dell’artigianato orafo che, con oltre un centinaio di laboratori e più di seicento addetti, ha fatto dela cittadina una vera e propria “capitale dell’oro”. A Mede possiamo ammirare i resti di uno dei due castelli di cui si hanno notizie, inserito in un palazzo situato tra la quttrocentesca chiesa parrocchiale ed il palazzo comunale. Si possono vedere ancor le finestre a sesto acuto, i resti di una torre, la decorazione a dente di sega di origine viscontea ed una curiosa meridiana di epoca più recente.

Da Mede raggiungiamo Lomello, il leggendario borgo che ha dato il nome a tutta la regione. Era un importante centro romano sulla via che portava alle Gallie, nel medioevo fu piazzaforte militare ed importante centro politico, religioso e culturale. L’attuale castello quattrocentesco sorge sulle antiche mure difensive romane, così come la facciata della splendida basilica romana, che, con il prezioso battistero longobardo, costituisce uno dei complessi religiosi più interessanti dell’Italia Settentrionale. Lomello merita una visita approfondita: non lasciatevi ingannare da costruzioni all’apparenza modeste: qua e là spuntano infatti le vestigia delle antiche mura, delle sue numerose chiese e dei conventi ad esse annessi, a dimostrare l’importanza del suo passato di capoluogo medievale della Lomellina.

Da Lomello a Velezzo la stretta e tortuosa strada costeggia la valle dell’Agogna, circondata da marcite e da risaie, dove non è difficile trovare qualche airone a pesca, e conduce alla Pieve di Santa Maria, un luogo di culto molto antico, situato, come di norma, fuori dal borgo rurale di Velezzo. La chiesa presenta elementi romanici inseriti in una struttura molto trasformata, ma è un luogo da visitare soprattutto per il vicino battistero dell’anno mille, romanico, a pianta circolare, da alcuni anni salvato da un triste destino di abbandono e restaurato.

La dolce e solitaria bellezza della campagna circostante ci accompagnano mentre percorriamo la strada provinciale che ci porta prima a Velezzo, poi a Campalestro, quindi a San Giorgio, dove sostiamo per una foto al tipico mulino ad acqua restaurato e divenuto il monumento all’instancabile laboriosità dei contadini lomellini. Ci dirigiamo quindi verso Ottobiano e, subito dopo, raggiungiamo Valeggio. Qui siamo accolti dall’inconfondibile e poderosa mole del duecentesco castello che con le sue alte torri cilindriche domina il piccolo centro abitato. Il castello appartenne ad illustri famiglie della nobiltà italiana quali i Pico della Mirandola e gli Arcimboldi, molto spesso seguendo le sorti del vicino castello di Scaldasole, a cui, secondo una leggenda, era collegato da un lungo sotterraneo.

Noi raggiungiamo il centro lomellino percorrendo una piacevole stradina costeggiata da uno dei tanti fossi e rogge che spesso si incrociano, confluiscono, per poi ridividersi in una fittissima rete di irrigazione, caratteristica della campagna lomellina. Scaldasole deriva il suo nome da quello dello "sculdascio", un comandante e giudice longobardo, diretto rappresentante del re. Nel castello, il più organico e maestoso della Lomellina, è facile riconoscere il vero cuore del paese, il nucleo originario attorno al quale l’abitato ha preso vita. In origine era un ricetto, forse già esistente in età longobarda, poi ricostruito tra il XII ed il XIII secolo e trasformato nella forma attuale dalla famiglia Folperti agli inizi del 1400. Il complesso, di forma quadrilatera, conserva ancora ben distinti il ricetto, con camminamenti e torri merlate, e la rocca vera e propria che, trasformata in abitazione nobile, ingloba l’antico torrione, rimasto a difesa dell’intero edificio.