La basilica di Santa Maria Maggiore La basilica di Santa Maria Maggiore
La basilica di Santa Maria Maggiore - 28/08/2022

Lomello

SCHEDA
In dialetto: Lümè
Abitanti: Lomellini
Superficie: 22,24 km2
Altitudine: 96 mt. s.l.m.
Diocesi: Vigevano

Cenni storici

La basilica di Santa Maria Maggiore
La basilica di Santa Maria Maggiore - 28/08/2022
L’origine del nome

L’etimologia del nome sembra fare riferimento da un lato alla popolazione dei Levi, antichi abitatori del borgo, e dall’altro al radicale Mel o Millum, che potrebbe riferirsi, con il suo significato di cinto o collare, ad un’antica cerchia di mura che cingeva l’abitato.
Il toponimo appare citato per la prima volta da Tolomeo nel II secolo Laumellum, chiaramente indicato anche nella Tabula Peutingeriana, era dunque centro già ben noto in età romana e occupava una posizione strategica, politica ed economica di rilievo nella regione, denominata allora Cottuta (Strabone, Geografia, libro V cap. II) e Alliana (Plinio, Storia Naturale, libro XIX cap. II) e che solo più tardi dal suo più importante borgo prenderà il nome, divenendo Laumellina.

Le prime notizie dell’esistenza del borgo di Lomello risalgono, secondo alcuni studiosi, al I secolo a.C., quando già esisteva l’importante “Via Regina”, la strada romana che collegava Pavia alle Gallie e di cui Lomello (Laumellum) era una “mansio”, ossia una stazione di posta; la ricchezza di reperti archeologici ci confermano che Lomello era un borgo florido e di ragguardevole espansione già in epoca romana.

Caduto l’impero romano, la Lomellina viene devastata dalle orde barbariche, finché non vi si stabiliscono i Longobardi, che scendono in Italia nel 569 guidati da Alboino, che fanno di Lomello una rocca fortificata; poco ci è giunto riguardo a tale periodo storico, se non che la corte longobarda, che ha sede a Pavia, capitale del regno longobardo, ama comunque soggiornare in Lomello come in una località di villeggiatura, tanto da eleggere il borgo al rango di città contribuendo così ad uno sviluppo commerciale ed economico del paese.

Particolarmente cara è questa città alla regina Teodolinda, vedova di Autari, terzo re dei longobardi, che, secondo la leggenda, proprio qui incontra e sposa uno dei più avvenenti personaggi del tempo, il Duca Agilulfo, di Torino, ariano, che ella convertì al cristianesimo. Agilulfo diventa, quindi, re dei Longobardi. L’episodio dell’incontro, avvenuto nel 590, ci è riferito dal cronista Paolo Diacono nella sua Historia Longobardorum, mentre nulla di certo si conosce sulla cerimonia delle nozze, se non un’antica leggenda che la vuole celebrata nella chiesa di Santa Maria al Castello, sulle cui rovine sorge l’attuale Basilica.

La prima “iudicaria”

A titolo di curiosità ricordiamo che Lomello - come ne fanno testimonianza documenti del X secolo, è legato al primo “giudizio di Dio” celebrato in Italia. Infatti, in una torre dell’antica rocca, oggi scomparsa, nel 629 viene imprigionata Gundeberga, figlia di Teodolinda e Agilulfo, e sposa di Arioaldo; accusata, a torto, di tradimento nei confronti del marito, viene liberata dopo tre giorni, grazie alla conclusione favorevole del duello tra il suo paladino Pittone ed il suo accusatore, il respinto Adalulfo.

È in occasione di questi avvenimenti che viene per la prima volta citato un “castello di Lomello”, di cui non si hanno però altre notizie circa la planimetria, l’aspetto esteriore, l’esatta ubicazione. Non è difficile ipotizzare che una rocca, se mai vi sia esistita, non potesse essere situata se non nella parte più alta del paese, alla sommità di quel lieve rilievo ove sono ancora oggi osservabili, addossate alle rovine della facciata della primitiva chiesa, massicci resti di costruzioni fortificate che potrebbero essere appartenute alla rocca distrutta dai pavesi nel 1155 (vedi sotto).

Alla caduta del regno longobardo, Lomello passa sotto il controllo dei Franchi, e viene annesso, con tutta la Lomellina, alla marca d’Ivrea; sembra già comunque che in tale epoca, tra l'anno 870 e il 906, Lomello fosse sede di autorità locale.

I Conti di Lomello

La vasta e potente famiglia si divide in alcuni rami collaterali che provocano lo smembramento delle terre: si hanno così i conti di Langosco, Ceretto, Breme, Nicorvo, Mede, Olevano, Rosasco e Sant’Angelo, località dove vengono costruite rocche più o meno ampie e fortificate, di cui esistono modeste tracce.

Il successivo momento di importanza della storia della città si ha con l’avvento dei conti di Lomello, che hanno in Manfredo il capostipite; da questi, attraverso Cuniberto, a sua volta capostipite dei conti palatini di Lomello, e Arduino, derivano gli Ottoni, più tardi protagonisti di rilevanti fatti storici nella città di Pavia. I conti, dopo la distruzione del palazzo reale di Pavia nel 1024, eleggono a loro residenza la rocca del borgo.

Nel 1117 papa Pasquale II, di passaggio per Lomello, conferisce al Prevosto di Santa Maria le insegne episcopali (croce pettorale, mitra e pastorale) e la facoltà di conferire gli Ordini minori. Viene costruita anche la grande basilica che risulta più vasta della cattedrale di Pavia del tempo, ornata di stucchi e affreschi, con un imponente campanile e la facciata appoggiata alle antiche mura: accanto il battistero paleocristiano e il palazzo dei canonici.

L’Imperatore Federico Barbarossa, alleato dei pavesi contro Milano, nel 1155 pone l’assedio a Lomello e causa la rovina del campanile e delle prime campate della basilica, che iene restaurata lasciando le rovine della parte anteriore come un pittoresco atrio. In seguito a tale sconfitta, Lomello viene sottomessa al Barbarossa, che è comunque largo di immunità e privilegi per la città e per i suoi signori; ben presto, però, la stirpe dei conti palatini si fraziona in vari rami che a lungo regnano sui borghi circostanti. Nel 1157, durante una delle numerose guerre che vedono milanesi e pavesi scontrarsi in campo aperto, i primi danno inizio alla riedificazione del borgo e della rocca; ma tale proposito viene ben presto vanificato da una nuova calata del Barbarossa l’anno successivo. L’interruzione è più lunga del previsto, poiché i pavesi riescono ad ottenere dall’imperatore Enrico IV, nel 1191, che la rocca di Lomello non possa più essere ricostruita senza il loro diretto beneplacito.

Nel 1277, passato definitivamente sotto il controllo dei Visconti, Lomello vive un nuovo periodo felice quando Gian Galeazzo Visconti vi invia l’architetto Giacomo Abramelli con lo scopo di fortificare il borgo e la rocca. L’ultimo conte di Lomello, Riccardo di Langosco, muore nel 1315 difendendo Pavia dall’attacco portatovi dai Visconti, che si impossesano così del suo contado. Lomello viene di nuovo saccheggiata nel 1407 da Facino Cane; il suo territorio passa quindi attraverso varie signorie finché, nel 1450, Francesco Sforza lo assegna ad Antonio Crivelli, alla cui famiglia rimarrà fino al 1737, concedendogli la facoltà di fortificarlo. Il castello viene quindi ricostruito nel luogo e nelle dimensioni che oggi ci è possibile ammirare. La costruzione fu poi portata avanti e completata dai suoi successori, in particolare da Alessandro (sposo di Margherita Scarampi, rimasto vedovo abbracciò la carriera ecclesiastica, pervenendo alla porpora cardinalizia nel 1565), che contribuì all’ulteriore arricchimento dell’edificio.

Tra le chiese, ora scomparse o difficilmente identificabili, si possono ricordare quelle dedicate ai Santi Cosma e Damiano e a Santa Maria Maddalena, la chiesa di San Pietro con l’annesso convento cluniacense, quella di Santo Stefano e quella di San Martino, vescovo di Tours; si hanno notizie anche di due monasteri: Sant’Agata, delle Benedettine Cassinesi, forse di origine longobarda, citato in carte del 972: vi abitò la monaca Caterina Assandra, che nel sec. XVII perfezionò la tecnica musicale del contrappunto; Santa Maria in Galilea, delle Vallombrosiane, risaliva al sec. XIII. Entrambi i monasteri sono soppressi sotto il dominio napoleonico nel 1810.

Un ricordo longobardo è il titolo d’una chiesetta compestre, detta di Santa Maria “alle pertiche” dall’uso dei cavalieri longobardi di segnare le proprie sepolture con un’alta asta (da cui la nostra “pertica”).

Personaggi

Lomello ha dato i natali, il 26 dicembre 1296, a Opicino de Canistris: scrittore, miniatore e calligrafo che ha lavorato anche alla corte papale di Avignone.

I monumenti e le opere d’arte

Il centro conserva resti delle antiche mura ed insigni monumenti medievali. Il più antico e pregevole è senz’altro il Battistero di San Giovanni “ad Fontes” (V-VII sec.), costruito sui resti delle terme romane, di cui sono visibili piastrelle del pavimento marmoreo all’interno. Si tratta di un imponente edificio a pianta ottagonale da cui si diramano cappelle radiali alternativamente circolari e quadrangolari, con una snella cupola illuminata da finestre, che riprende l’architettura paleocristiana diffusasi in Alta Italia a partire dal V sec., ancora intrisa dell’arte imperiale bizantina. All’interno vi è un fonte battesimale esagonale,con resti di affreschi dell’VIII sec., con tracce dell’uso primitivo dell’immersione dei battezzanti.

La “Chiesa del Diavolo”

Nella tradizione popolare lomellina la basilica di S. Maria Maggiore viene chiamata la “Chiesa del Diavolo”: la leggenda racconta che la costruzione sia stata distrutta dal maligno e da lui stesso riedificata in una sola notte di lavoro febbrile, ma, a causa del sorgere del sole, lasciata incompleta. Ecco perché oggi troviamo la facciata parzialmente crollata e le prime due campate senza il tetto.

Accanto al Battistero si trova la Basilica di Santa Maria Maggiore ( - XI sec.),: l’edificio odierno è un esempio archetipale dello stile romanico-lombardo, la cui costruzione ha una data convenzionale stabilita nell’anno 1025. Probabilmente essa sorge su due edifici precedenti: uno coevo al battistero (luogo del matrimonio di Teodolinda) e uno intermedio, di cui resterebbero tracce nell’enigmatica cripta sotto l’altare maggiore. La chiesa attuale è a tre navate terminanti con abside semicircolare e transetto appena accennato: la singolare asimmetria - a detta di alcuni - fa pensare al desiderio di riprodurre precisamente il corpo di Cristo morente sulla croce. La Basilica ha un fascino innegabile, dovuto all’architettura severa ed essenziale, sia all’esterno (come l’eccezionale colpo d’occhio del fianco con il battistero) che all’interno, nella penembra tipicamente romanica. In singolare contrasto sono l’altare maggiore precomente neo classico, gli altari barocchi e gli affreschi di inizio novecento. In origine era decorata di affreschi (di cui restano poche tracce) e di un ciclo decorativo in stucco tra i più imponenti in Europa, ora ridotto a pochi frammenti.

La reliquia della Santa Croce

Altro motivo di lustro per Lomello, particolarmente per San Michele, è la presenza della reliquia della Santa Croce, che è patrona principale del paese da sette secoli. Un ecclesiastico francese della corte avignonese del papa Urbano V, tale Guglielmo de’ Gros, accompagna a Roma il pontefice, che per ringraziarlo gli dona un piccolo frammento del Legno della Croce, che era custodito nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme. A causa della salute malferma compie il viaggio di ritorno a piedi e giunto a Lomello, sentendosi prossimo alla morte, lascia alla Collegiata di San Michele la preziosa reliquia in dono, con l’onere di curarne la sepoltura, come ricorda la lapide tombale ancora esistente. La Santa Croce è onorata la prima domenica di maggio ed esposta ai fedeli nel tronetto sull’altare maggiore: pare che abbia protetto da sempre il paese e le sue campagne dal flagello della grandine.

Pregevole anche la chiesa parrocchiale romanica di San Michele arcangelo (XII sec.); le sue origini si fanno risalire all’età dell’invasione dei Longobardi, i quali, essendo ariani, eressero chiese con clero proprio generalmente intitolate al loro Santo preferito, l’Arcangelo Michele, convivendo culto e clero cattolico in chiese separate, per lo più intitolate a Santa Maria: così nella loro antica capitale, Pavia, la cattedrale è intitolata all’Assunta, ma la chiesa delle incoronazioni regali fu San Michele. La chiesa, che per vetustà e onore si fregia del titolo di “basilica”, risale al 1121 ed è un bell’esempio del maturo romanico pavese: il bel tiburio a gallerie cieche sovrasta i rossi tetti del paese. La chiesa, resa barocca nel sec. XVIII, viene restituita (eccetto la facciata e le cappelle laterali) allo stile primitivo nel dopo guerra.

Il Castello
Il Castello - 28/08/2022

Il Castello , detto “nuovo”, rappresenta l’ultimo atto di una certa importanza architettonica della città; conserva alcuni affreschi cinquecenteschi di pregevole fattura e due mosaici romani ritrovati, con numerosi altri reperti archeologici, nel sottosuolo del paese. Il monumento ospitò nel 1800 il generale austriaco Melas, il russo Suvarov e il granduca Costantino, che furono sconfitti dai francesi a Marengo. Nel 1859 vi pose il suo quartier generale, per qualche giorno di maggio, il generale austroungarico Gyulai.

L’edificio ha l’aspetto di una massiccia casa-forte, più che di tradizionale castello per uso militare. Nel paramento murario, in mattoni a vista, sono inserite numerose aperture di varie forme e stili; la base è solo parzialmente a scarpa, ma la posizione sopraelevata dell’ingresso, cui adduce un ponte in muratura che in epoca imprecisabile - sorte comune alla maggior parte delle costruzioni fortificate - sostituì il precedente ponte levatoio, lascia ipotizzare l’esistenza di un antico fossato. L’angolo sud-orientale è rinforzato da un torrione di poco più alto delle strutture principali. In un secondo corpo avanzato sul fronte est, anch’esso in forma di torre, è l’ingresso nobile, sovrastato da due scanalature - la sedi dei bolzoni, che sono le lunghe travi in legno cui erano collegate le catene di sollevamento del ponte levatoio - tra le quali è osservabile una strana apertura trapezoidale fortemente incassata nel tessuto murario, dove s’intravedono resti di affresco, inscritta nelle tracce di un arco centinato. Il settore nord-occidentale ell’edificio mostra evidenti segni di una ristrutturazione successiva, forse seicentesca, che ha contribuito a modificare i caratteri castrensi della fabbrica a favore di un più elegante stile da palazzo residenziale.

Da segnalare, inoltre, l’Oratorio di San Rocco, con l’aguzzo campanile, già sede dell’omonima confraternita dei “battù”, purtroppo spogliata e ridotta ad usi profani.

Il territorio e l’ambiente

Dal punto di vista ambientale sono meritevoli di segnalazione la garzaia di Villa Biscossi e la garzaia della Cascina Notizia.

Gli eventi e le manifestazioni

A maggio si tiene la Sagra patronale in concomitanza con la festa della Santa Croce.