Mede, secondo alcuni studiosi, deriverebbe il suo nome da “Mediamnes”, cioè terra
in mezzo ai fiumi. È situata, infatti, tra l’Agogna ed il Sesia, che getta le sue acque nel Po, non molto lontano da Mezzana Bigli.
Altri, invece, fanno derivare il nome da “Medo”, il nome del capitano dei Galli Insubri, o dal celtico “Med”, equivalente a
fertile, oppure ancora dalla voce lombarda “meda”, che indica un dosso.
L’importanza di Mede in età romana, “mutatio” dell’antica “strada Pavese” che da Pavia, attraverso Torino, portava nelle Gallie, è attestata dai significativi reperti conservati nel Museo Civico di Novara.
Alla caduta dell’impero romano, Mede subisce, come tutte le altre città dell’Italia, le invasioni dei barbari: prima gli Eruli, i Franchi e i Goti, poi i Longobardi e gli Ungheri. Nel 1157 Federico Barbarossa investe del feudo di Mede i conti Palatini di Lomello, che in Pavia amministrano la giustizia in assenza dei re franchi. Varie famiglie possiedono feudi nel contado di Mede e, raro caso nella vita feudale italiana, se ne dividono il possesso per secoli, contemporaneamente e senza gravi contrasti. Tra i feudatari del paese si annoverano i Brentani, i Gorrani, i Guizzardi, gli Olgiati, i Conti Sangiuliani ed i Marchesi Zaccaria. Particolarmente stimato un Giacomo, conte di Mede, che nel 1404 favorisce la tregua d’armi di un anno tra Filippo Maria Visconti ed i Beccaria ed è a lungo “Lettore” di diritto civile all’Università di Pavia con il nome di Giacomo Mede o “de Mede”.
Nell’evo moderno, Mede segue le sorti della Lomellina. Fa parte del ducato di Milano sotto i Visconti e gli Sforza, in seguito viene occupata temporaneamente dai francesi, nel 1499, alla sconfitta di Ludovico il Moro e, nel 1535, alla morte di Francesco II Sforza, definitivamente dagli spagnoli; il 7 settembre 1706, grazie all’aiuto di Eugenio di Savoia, cessa la dominazione spagnola e subentra, ma per poco, quella austriaca. Un anno dopo, infatti, l’Austria consegna la Lomellina a Casa Savoia. All’epoca di Napoleone I fu sede della Congregazione della Lomellina e del Dipartimento dell’Agogna (uno dei principali corsi d’acqua della regione).
Il 1° maggio 1859 truppe austriache, provenienti da Zinasco, occuparono Mede di sorpresa. In quell’occasione fu catturato e preso in ostaggio il Sindaco del paese. Portato al Quartiere generale austriaco, egli mantenne un contegno fermo e dignitoso. Quando fu liberato e poté fare ritorno a Mede, l’ardente funzionario - acclamato pubblicamente dai concittadini - affermò di avere soltanto fatto il proprio dovere, senza alcun timore di rimanere ucciso perché, in tal caso, la sua morte «avrebbe aumentato l’ardire dei nostri prodi soldati per annientare e cacciare dal suolo d’Italia i feroci predoni» (da “Pavia e i suoi territori nel risorgimento d’Italia”, Mino Milani, 1959).
Medesi furono i pittori Fernando Bialetti e Giuseppe Amisani, autori, tra l’altro, delle opere descritte in questa pagina. Ed inoltre madre Linda Lucotti, Generale delle Salesiane dal 1947 al 1957, e suor Diletta Manera (alla quale è intitolata la scuola elementare) che nel 1975 fondò in Kenia un fiorente monastero di Suore Sacramentine.
Solo un Castello (XIV-XV sec.), dei tre di cui parlano le antiche cronache locali, sopravvive oggi nel centro della cittadina, quasi a ridosso della chiesa parrocchiale, con pianta quadrilatera e sembra costituire il maschio centrale di un complesso fortificato di maggior ampiezza. La rilevante parte avuta da Mede nelle vicende politiche e belliche della regione, il ragguardevole numero di casate nobili che vi ebbero sede e il ruolo svolto anticamente dalla parrocchia non può che avvalorare tale ipotesi. Permangono tratti di mura autentiche verso i lati nord e ovest, che lasciano presumere una costruzione viscontea, come evidenziato dalla classica cornice perimetrale a “denti di sega”, qui nella versione a tripla cornice sovrapposta, le finestre strombate a sesto acuto e i mattoni nudi a vista. Non è originale, per contro, la torre merlata, ricostruita nei primi anni del nostro secolo sulla base di una preesistente, abbattuta perché pericolante. Gli altri lati del castello Sangiuliani - su tutti sopravvive l’originaria scarpatura di base - sono stati trasformati per l’uso civile.
La bella Chiesa parrocchiale , dedicata ai Santi Marziano e Martino, fu costruita in stile gotico-lombardo nella seconda metà del XV sec. su un edificio precedente. Era già collegiata prima dell’anno 1000, ma anteriori sono le fondamenta di una piccola chiesa, forse un tempietto pagano, trovate durante il rifacimento del pavimento, nel 1875. In quell’epoca vennero scoperti tre affreschi rappresentanti San Marziano, San Sebastiano e San Cristoforo. Nel 1300 la chiesa aveva già la forma e l’ampiezza attuali. Inizialmente era intitolata a San Martino, al quale fu aggiunto il primo vescovo di Tortona, San Marziano, a cui la tradizione fa risalire l’evangelizzazione di Mede. La comunità di Mede nel 1613 ottenne dal vescovo di Tortona mons. Dossena insigni reliquie del Santo, che furono poste in un busto reliquiario che ancora oggi si espone per la festa del Patrono, il 6 marzo di ogni anno. La struttura della facciata è del 1884-1885: elegante ed armoniosa, in stile gotico-lombardo, incoronata da pinnacoli in cotto, con belle decorazioni in cotto e le statue del Redentore, di San Martino e di San Marziano. All’interno le volte e l’abside sono ornati da affreschi del medese Fernando Bialetti (1929). Sono conservati preziosi altari marmorei del XVIII sec. e nelle navate si aprono due grandi cappelle coronati da cupola, decorate con ricchi stucchi di stile barocco realizzati agli inizi del settecento: al secolo successivo si devono le tele e gli affreschi che le decorano. Esse sono dedicate alla Madonna del Rosario e all’Immacolata Concezione. All’organo sedette per lunghi anni il padre del musicista Mons. Lorenzo Perosi, autore di innumerevoli composizioni sacre. A suo tempo fu chiesa matrice, e dominò spiritualmente un vasto territorio, secondo la regola di San Benedetto, contribuendo, per larga parte, alla bonifica dei territori limitrofi.
A fianco della chiesa si alza il famoso Campanile , progettato dall’ing. Crescentino Caselli e costruito nel periodo 1902-1904 a somiglianza di quello veneziano di S. Marco; alto 62 metri, è dotato di un grandioso concerto campanario. Alla base del campanile figura murata una lapide che reca la seguente epigrafe: «Nella / santa armonia della fede e dell’arte / in omaggio / a / Gesù Cristo Redentore / il popolo di Mede / all’alba del XX secolo / innalzava / il 26 giugno 1904 / solennemente inaugurava».
Altre chiese degne di nota:
Vi sono anche due caratteristici monumenti: il Monumento ai Caduti, inaugurato nel 1922, in bronzo, raffigurante un milite, con un bassirilievo bronzeo sulla facciata del basamento; il Monumento agli Alpini, inaugurato nel 1998, che sintetizza i simboli che caratterizzano il corpo degli alpini: sbarre di ferro, corda, penna, raggi di luce.
La vita culturale della cittadina è vivacizzata dal Teatro Besostri , inauguurato nel 1892 aveva una capienza di oltre 700 posti. Dopo una prima ristrutturazione, verso la metà del XX secolo venne trasformato in un cinema teatro, cambiando radicalmente impianto per renderlo fruibile alle nuove esigenze. Vennero abbattuti i palchi e la nuova struttura assunse la forma che è rimasta invariata fino al nuovo intervento, iniziato nel 2006 e terminato nel 2008.
Da segnalare la Raccolta Naturalistica “Ugo Fantelli”, un museo in cui sono conservate varie specie di minerali, conchiglie, fossili e strumenti litici.
L’antica strada per Pieve del Cairo porta in circa 2 km. a Tortorolo, comune autonomo nel medioevo (e rimasto tale fino al 1922), la cui esistenza si lega alle vicende storiche della vicina Mede, di cui è oggi frazione. Al centro dell’abitato, ancora oggi a vocazione agricola, sorge il Castello , una casa-forte databile intorno al secolo XIV; conservato in ottime condizioni dagli attuali proprietari, è il più bell’esemplare del genere in Lomellina.
Presenta un rapporto insolito tra la base e l’altezza (com’è riscontrabile anche nel più antico castello di Cozzo), il che lascia presumere un sopralzo e altri rimaneggiamenti, come evidenziato dal paramento murario. Sono d’altronde presenti altre caratteristiche comuni a costruzioni della stessa epoca. A pianta perfettamente quadrata, l’edificio è nobilitato da una torre che insiste sull’ingresso al centro del lato occidentale, merlata all’uso ghibellino, munita di apparato a sporgere e di un ulteriore corpo quadrangolare sopraelevato. Essa conserva anche le sedi dei bolzoni del ponte levatoio, scomparso in epoca imprecisabile insieme con il fossato. Di notevole eleganza la triplice cornice decorativa a “denti di sega” di tradizione viscontea, situata al di sotto dell’ultimo ordine di finestre. Il cortile interno è porticato su tre dei lati. A causa di diversi rifacimenti non ha più le caratteristiche originali interne.
A Tortorolo si trova inoltre la Chiesa di San Cataldo e San Giovanni : originaria del XIII sec., ha subito modifiche nel corso dei secoli successivi.
Il Comune, oltre a Tortorolo, comprende le frazioni di Goido (con la Chiesa di San Remigio della metà del XVII secolo, ricostruita in belle forme barocche nel XVII sec. e decorata all’interno nell’ottocento) e Parzano (con la Chiesa di San Giuseppe che risale al XX sec.).
Mede oggi è un industrioso centro che affianca le antiche attività legate all’agricoltura (a Mede si trova, ancora in funzione, una delle più antiche e note riserie lomelline) a quella più recente dell’artigianato orafo che, con oltre un centinaio di laboratori e più di seicento addetti, ha fatto della cittadina una vera e propria “capitale dell’oro”.
Dal punto di vista ambientale è meritevole di segnalazione la garzaia di Cascina Notizia.
La seconda domenica di settembre si tiene il “Palio d’la ciaramela”, manifestazione storico-folcloristica che fa rivivere i valori e le tradizioni della civiltà contadina; in ogni quartiere, infatti, si ricostruiscono angoli caratteristici e scene di vita tipici del periodo cui la festa si richiama: gli anni tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900. Una grandiosa sfilata dei personaggi in costume tra le vie addobbate dai colori tipici dei vari rioni prelude alla sfida a “ciaramela” (questo gioco viene più comunemente chiamato in vernacolo lomellino “lippa”), uno dei giochi più antichi della Lomellina, tenuto in vita grazie proprio a questo palio. Per giocare bastano soltanto due bastoni, il bac, più lungo, che serve per battere e colpire la ciaramela, più corta e smussata alle punte, ed un cappello, il capè, per ricevere. Il primo lancio permette, all’avversario che riceve, di conquistare la battuta se prende al volo la lippa; in caso diverso deve rilanciarla il più vicino possibile alla base. A questo punto il battitore effettua tre lanci ed alla fine chiede i punti all’avversario: il punteggio si calcola contando il numero di volte che la lunghezza del bastone di battuta sta dal punto finale alla base. Vince il Palio la contrada che raggiunge il massimo punteggio. Clicca qui per le regole dettagliate del gioco.