Per la nostra terra si apre un nuovo periodo di pace. Il re franco introduce in Lomellina il regime feudale, suddivide il territorio in “Comitati” affidati ai Conti, e Lomello è il capoluogo del Comitato di questo nome, appartenente alla marca di Ivrea. Dal secolo IX quindi si afferma la presenza dei Conti di Lomello che, nella persona di Riccardo di Langosco, ottengono l’investitura della zona da Carlo Magno. A loro si deve la rinascita della Lomellina. Conti di Lomello sono patrizi pavesi, discendenti di un leggendario Manfredo del ciclo carolingio. Il capostipite di questa famiglia, potentissima dal X al XIV secolo, è Cuniberto.
Ma un’altra minaccia incombe ancora sulla Pianura Padana; come cinquecento anni prima, da est scendono le orde ungheresi, appena dilagate dai Carpazi nella Pannonia. Il primo assalto, nel 915, è respinto; il secondo, nel 924, fa terra bruciata: Pavia e la Lomellina sono messe a saccheggio; Vigevano, che gode di una certa agiatezza per l’industria della lana, viene ridotta alla più grande miseria. Passata la tormenta, è di nuovo la Chiesa che accoglie i dispersi: il marchese Adalberto raccoglie a Breme i monaci benedettini dell’abbazia di Novalesa, in fuga dalle scorrerie dei Saraceni nella Val di Susa. Nel 926 qui viene fondato l’Ordine Bremetense, destinato a diventare una potenza, con cento dipendenze, esercitando grande influenza sotto il profilo politico e religioso ed occupando il terzo posto tra le abbazie più importanti dell’Impero.
La penetrazione religiosa che si verifica tra X e XI secolo è di decisiva importanza per lo sviluppo economico della Lomellina. Numerosi ordini monastici arrivano nella regione. Oltre ai Benedettini, sono i Cistercensi quelli che lasciano le maggiori tracce. Alla loro opera, infatti, si devono i primi interventi di bonifica del territorio, finalizzati non solo al recupero delle terre paludose, ma anche al contemporaneo reimpiego delle acque reflue. I terreni acquitrinosi vengono drenati e prosciugati: le acque in eccesso smaltite da una serie di canali che, nel volgere di alcuni secoli, vengono tracciati attraverso l’intera pianura lomellina favorendo lo sviluppo dell’agricoltura, ancora oggi una delle primarie attività economiche della zona. In questo periodo viene introdotto il prato a marcita che assicura una produzione foraggera costante nell’arco dell’anno. Ed inoltre, a partire dal X secolo, attraverso la Lomellina iniziano a transitare numerosi pellegrini, in viaggio verso Roma percorrendo l’importantissima strada che collega la “città eterna” con le regioni del nord Europa, la cosiddetta “Via Francigena” o “Romea”.
Nel 951 ha inizio una nuova epoca, una delle più felici per l’Europa ed anche per la Lomellina. Il 23 settembre, l’imperatore Ottone I di Sassonia è incoronato a Pavia re d’Italia e, da quel momento, monasteri, nobili famiglie e, più tardi, piccoli borghi risentono dei benefici imperiali. Nel 969 il borgo di Cassolo è ceduto ai conti di Novara; Dorno è data in feudo ai conti di Lomello; nel 979 Gropello è ceduta al monastero della Ss. Trinità di Pavia; nel 977 Ottone II dona il borgo di Suardi al vescovo di Pavia. L’importanza che riveste la Lomellina presso l’imperatore è ben attestata dalla nomina, nel 990, da parte di Ottone III, di Cuniberto, conte di Lomello, a conte palatino, cioè tra i massimi consiglieri del Sacro Palazzo. La dinastia dei conti palatini si ramificherà nei secoli e i vari conti (non palatini) prenderanno il nome della località a loro infeudata; i più potenti saranno i Lomello Langosco, poi semplicemente conti di Langosco. Molto tempo dopo, nel 1496, Massimiliano Sforza rinnoverà i privilegi che i conti palatini di Lomello hanno sulle loro terre sparse in Piemonte, Emilia e Lombardia.
A seguito di questa nuova situazione, i conti palatini estendono in breve il loro dominio a gran parte dei centri abitati, con l’intento di fare della Lomellina un piccolo stato indipendente. Tale strategia determina la necessità di disporre, su tutto il territorio controllato, di una serie di opere fortificate per la difesa del comitato dagli appetiti delle dinastie circostanti. E’ questo il periodo della nascita di numerosi castelli, rocche, torri di guardia, capillarmente distribuiti: fortificazioni destinate in gran parte a scomparire nel corso delle vicende belliche successive.
Alla fine del X secolo la carta politica della Lomellina è ben delineata: la parte settentrionale (Cassolo, Gravellona) è infeudata ai conti o vescovi di Novara; la Lomellina centrale è semindipendente dei conti palatini di Lomello, con oasi sparse infeudate a chiese esterne: Gropello e Suardi, come detto, a Pavia, e Garlasco al monastero di San Salvatore a Pavia. Nel secolo XI incominciano a definirsi i feudi originati dai conti palatini: Palestro, Castelnovetto e Langosco feudo dei Langosco, Sannazzaro feudo dei Sannazzaro. Si fondano nuove abbazie, come quella cistercense di Acqualunga (poi passata in commenda ai vescovi di Vigevano) o come Erbamara, in quel di Cergnago, passata nel 1170 ai Vallombrosani e poi commendata. La “Constitutio de feudis”, proclamata nel 1037 da Corrado II il Salico, non fa che confermare la situazione in Lomellina, quasi identica a quella che abbiamo delineata. Una costituzione, però, non ferma il corso degli avvenimenti: altre famiglie, scese dagli Appennini, più precisamente dalla Garfagnana, si affacciano alla pianura pavese e alla Lomellina; prima fra tutte quella dei Beccaria, che avranno un ruolo fondamentale, da Pavia al Sesia, fino in epoca sforzesca.
Il disinteresse degli imperatori germanici per più di un secolo (XI e XII), è uno dei tanti motivi del sorgere dei liberi comuni. Si viene così a creare una catena di risentimenti, se non di odio, tra comune e comune: basterà l’apparire in Italia di un imperatore per far scaturire precisi allineamenti, chi con l’imperatore (ghibellini), sperandone i favori, chi per la libertà comunale (guelfi). Inspiegabile appare l’attacco portato nel 1140-1145 da Pavia (ghibellina) contro Guidone di Lomello; inspiegabile perchè nel 1154, all’apparire del legittimo sovrano, Federico I Barbarossa, i conti palatini non possono che essere al fianco dell’imperatore, il cui atteggiamento verso la Lomellina è, tutto sommato, benevolo. Ai Confalonieri, suoi fedeli, infeuda Candia, Cozzo, Cassolo e Cerano; Gambarana ai conti di Lomello, creando la stirpe dei conti di Gambarana; a Rufino Langosco dà il titolo comitale aggiungendovi Mede; ai conti di Lomello infeuda Olevano, creando la stirpe degli Olevano; ai Sannazzaro-Tortona conferma il feudo di Sannazzaro; Gambolò è infeudata ai conti di Biandrate; solo Cairo e la vicina Pieve subiscono l’ira del Barbarossa.
Nel 1155 i Pavesi dilagano in Lomellina, e, per vendetta contro l’ingerenza dei Conti di Lomello sulla loro città, assediano e distruggono il castello di Lomello. Questi si uniscono allora in lega con Milano e Vercelli e si ritirano a Langosco assumendo il nome di quel paese. Nel 1157 i milanesi, dichiarata guerra a Pavia, scendono a Lomello e la riedificano in pochi mesi, mentre l’imperatore Federico Barbarossa, loro nemico, è in Germania; ma quando questo torna in Italia, Lomello viene di nuovo distrutta dai pavesi e l’imperatore, nel 1164, decreta che non può più essere ricostruita. Al comune pavese viene riconosciuta la giurisdizione sui paesi della contea lomellina.
Partito l’imperatore, la vendetta di Milano si scatena su Pavia; in Lomellina, solo Castelnovetto fa le spese della sua fedeltà ghibellina. Il Barbarossa scenderà poi in Italia altre quattro volte, nel 1158, nel 1163, nel 1167 (questa discesa provoca il giuramento di Pontida e la controffensiva dei comuni) e nel 1174; quest’ultima volta è fatale a Federico I: nella giornata di Legnano (26 maggio 1176) la supremazia imperiale crolla e i comuni possono darsi liberamente il loro statuto; nel 1183 la pace di Costanza sancisce queste libertà. Dopo la sconfitta di Legnano, l’impero può solo emanare carte di privilegi per legittimare l’uno e l’altro libero comune; e ogni comune sarà sempre in guerra coi vicini per la supremazia. La vendetta di Milano si abbatte sulla Lomellina a due riprese, nel 1213 e nel 1222; tranne la fedelissima Vigevano, i milanesi devastano quasi tutte le rocche tra Sesia, Ticino e Po: Candia, Galliavola, Gambolò, Lomello, Sartirana, Semiana, Torreberetti e Valeggio.
I conti palatini di Lomello si riducono al grado di una potente famiglia, la più potente nell’orbita pavese, dividendosi nei rami patrimoniali. Ne derivano così i conti di Robbio, di Mede, di Albonese, di Nicorvo, di Rosasco e ovviamente di Langosco. A quest’ultimo ramo viene concesso di riacquistare, nella seconda metà del secolo XIII, la signoria pavese in avvicendamento coi rivali Beccaria, altri latifondisti dell’agro lomellino. Il capostipite della famiglia dei Beccaria è Lanfranco di Gropello, eletto nel 1180 vescovo di Pavia.
La restante parte del XIII secolo trascorre senza gravi traumi per la Lomellina. A Milano la volontà popolare ha affidato il governo del comune a un suo fedele capitano, Filippo della Torre (1263-1265) ed il suo successore, Napo (1265-1277) più che alle conquiste militari pensa al dominio interno: è il passaggio dal libero comune alla signoria. Con Napo termina la signoria dei Torriani e subentra quella dei Visconti.
Nell’Estimo del 1250 le terre del comune di Pavia vi figurano divise in Lomellina, oltre Po e terre tra Milano, Lodi e Pavia. Ciascuna di queste regioni è vigilata da un Console di giustizia. Le terre nominate sotto la voce “Lumellina” sono 140 e la regione è in un periodo di grande espansione.