I Savoia

(1700 - 1789)

Trattato inutile, quello del 7 ottobre 1696, perchè già l’anno successivo, mentre il trattato di Rijswijk suggella la pace di Vigevano, scoppia la guerra di successione spagnola, che segna l’apparire sul teatro italiano dell’Austria e, ancora una volta, l’inversione delle alleanze: questa volta Piemonte, Francia, Spagna e Baviera si uniscono contro la nuova potenza, cui si uniranno, successivamente, Inghilterra e Olanda. In Italia Vittorio Amedeo II ottiene il comando dell’esercito franco-ispano-savoiardo, ma i generali francesi si rifiutano di obbedirgli. Il re entra astutamente di nuovo in trattative con l’Austria che, in un trattato segreto firmato a Torino l’8 settembre 1703, gli promette Valenza e la “provincia che dicesi Lumellina”. Una delle condizioni è però che le fortificazioni di Mortara siano rase al suolo a spese del duca.

Nel 1706 i franco-ispanici si accingono ad occupare una dopo l’altra le fortezze piemontesi e pongono l’assedio a Torino. Al comando degli imperiali scende in Italia, in aiuto a Vittorio Amedeo II, il principe Eugenio di Savoia; marciando alla destra del Po, mira a congiungersi con le milizie del duca. Francesi e spagnoli, muovendo con la cavalleria da Pavia per Gropello, Lomello e Mede passano il Po a Valenza con l’obbiettivo di difendere la linea del Tanaro. Abbandonano però questo piano ed il 23 agosto muovono su Torino. L’esito della gloriosa battaglia del 7 settembre 1706, combattuta sotto le mura di Torino, vede infine vincitore il principe Eugenio. Questi, il 28 settembre 1706, assedia il castello di Milano (cadrà il 20 marzo 1707): è la fine del dominio spagnolo in Italia e la fine dell’alleanza franco-piemontese, perchè i Savoia, sempre attenti ad estendere il proprio stato, comprendono che è meglio appoggiarsi ai nuovi venuti che agli antichi alleati. Inizia così la dominazione austriaca.

Il distacco del Piemonte dalla coalizione franco-spagnola ha il prezzo sancito con il trattato del 1703 con l’Austria: la cessione al Piemonte di alcune terre dell’ex ducato milanese e cioè Alessandria, Valenza, la Lomellina e la Valsesia. La nobiltà pavese protesta presso il principe Eugenio, che in un rapporto del 23 febbraio 1707 all’imperatore d’Austria si fa portavoce di questa opposizione. Le carte dell’antico principato ticinese vengono portate dai decurioni pavesi a Gropello e solo con l’uso della forza consegnate a Torino. Nei primi mesi del 1707 l’Austria consegna a Vittorio Amedeo II la Lomellina ed il 18 marzo le comunità lomelline prestano giuramento di fedeltà e omaggio al nuovo signore. Al momento del pagamento della cambiale, Vittorio Amedeo di Savoia alza il prezzo: si aggiungano Vigevano, il Vigevanasco e terre nel Novarese. Le trattative finiscono a Vienna, perché i Milanesi sono tutt’altro che disposti a privarsi di così fertili terre. Da Vienna le trattative tornano a Milano e la materia del contendere è proprio il Vigevanasco: la conferenza diplomatica si apre nel gennaio 1712 a palazzo Marino, sono previste tre sedute settimanali. Dopo sei mesi il Savoia la spunta: Vigevano e la Lomellina passeranno allo stato sabaudo, il che diventerà effettivo dopo la firma del trattato di Utrecht, del 17 aprile 1713, per quanto concerne la Lomellina (Mortara ne è il naturale capoluogo); tuttavia, malgrado la promessa, Vigevano rimane all’Austria.

Passano vent’anni e una nuova guerra quella di successione di Polonia, sconvolge l’Europa e l’Italia; questa volta Carlo Emanuele di Savoia si schiera contro l’Austria, sperando in qualche acquisto: per quasi tre anni (1733-1736) Milano è governata dai franco-piemontesi, poi tornano gli austriaci. L’ultima guerra di successione, quella austriaca, scoppiata nel 1740, dà modo a Carlo Emanuele III di Savoia di togliere all’Austria l’ultima “foglia di carciofo” (così era definita la politica sabauda) lombarda ad ovest del Ticino: con il trattato di Worms, del 13 settembre 1745, anche Vigevano passa alla casa Savoia.

Dopo l’unione con il Piemonte, la Lomellina mantiene per lungo tempo i suoi statuti. Una congregazione di cittadini, tra i più qualificati della regione, si raduna nel castello a Mede e stabilisce le imposte. Questo sistema economico-finanziario dura fino al 1775, quando viene soppressa la congregazione e la Lomellina viene aggregata per la parte amministrativa all’Intendenza di Alessandria fino all’anno 1779. Poi, fino al 1814, fa parte del Dipartimento di Agogna e, cessato il governo francese in Italia, viene aggregata all’Intendenza di Novara.

Sotto i Savoia può svolgersi un’illuminata politica riformistica. Quella più importante di Vittorio Amedeo II in campo economico è la perequazione del tributo fondiario, da conseguirsi con la compilazione del catasto. L’opera, terminata nel 1730, viene estesa alla Lomellina nel 1770. Il 30 ottobre 1723 viene inoltre istituito nella Lomellina l’ufficio dell’“insinuazione”, ovvero del registro. A regolare questa istituzione sono stabiliti tanti piccoli centri, detti luoghi di “tappa” a cui devono far capo i paesi limitrofi. Tappe sono istituite a Lomello, Mede, Pieve del Cairo, Gropello, Garlasco, Dorno e Ottobiano. Con un successivo decreto dell’11 febbraio 1743 vengono tutte concentrate nell’unica tappa di Mortara.

Dal 1745 al 1747 eserciti franco-ispanici e austro-savoiardi percorrono di nuovo la Lomellina. I primi, forti di 70.000 uomini, scendono dall’Appennino e puntano su Tortona, i secondi tentano, senza riuscirci, di passare il Po a Frascarolo, per entrare in Lomellina “paese grasso e fertile, donde si forniscono di vettovaglie“ come si annota. La pace di Aquisgrana del 18 ottobre 1747 pone fine alle ostilità e per le terre lomelline seguono 44 anni di pace, che permettono finalmente di vedere campi razionalmente coltivati, l’aprirsi di nuovi canali ed il netto miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.