Fu a lungo ritenuto che l’etimologia del nome Siccomario derivasse dal latino “sicut mare” (come mare), o “siccum mare” (mare secco), a ricordo del progressivo ritirarsi delle acque e del conseguente essiccarsi delle paludi alluvionali. Un’accezione più recente ne fa derivare l’origine dal medievale patronimico “Sicumare”, a collegare l’appartenenza del territorio ad un possesso feudale più esteso verso nord, dove tale nome riappare in una frazione rurale della Certosa di Pavia.
Le vicende storiche di San Martino sono ovviamente legate a quelle dell’intero ambito territoriale, il Siccomario; tale circondario, escluso durante tutto il XIII secolo dalle tre grandi zone in cui il comune di Pavia era suddiviso, viene a lungo ricordato con i nomi di Sigemario, Sycomario o Terra Arsa. Quando, nel 1532, le terre a destra del Ticino vengono divise in Lomellina, Vigevanasco e Siccomario, quest’ultimo ancora mantiene una propria identità indipendente. Nel corso della guerra di successione spagnola, il Siccomario viene ceduto nel 1703 alla casa di Savoia, in aggiunta alle terre di Lomellina, dando inizio ad una disputa, durata a lungo, circa l’appartenenza o meno del Siccomario alla Lomellina. Fatto sta che San Martino vive per molto tempo in una situazione particolare, perché, non avendo un padrone riconosciuto, conduce un’esistenza pressoché indipendente.
Nel 1721 la peste invade i comuni del Siccomario e, per decreto di Pavia, in San Martino viene eretto un lazzaretto; con l’invasione napoleonica, il Siccomario viene staccato dalla Lomellina ed aggregato al comune di Pavia; solo nel 1818 si arriva all’attuale ordinamento storico-geografico della Lomellina, che vede aggregarsi ancora una volta le terre del Siccomario con i comuni di Travacò e San Martino.
La tradizione cristiana di San Martino ha origini molto antiche, poiché il comune ricorda nel suo nome addirittura la figura di San Martino, vescovo di Tours, che passò gli anni della sua giovinezza a Pavia.
La Chiesa parrocchiale , dedicata per l’appunto a San Martino, pare sia stata consacrata nel 448 d.C., anche se quella attualmente esistente può farsi risalire al XII secolo; l’originale struttura romanica viene in seguito modificata a causa dei danni riportati a seguito dell’inondazione del 1705. L’antico campanile viene atterrato nel 1838 dopo una nuova alluvione e ricostruito solo nel 1896. Alla chiesa si accede attraversando un ampio piazzale che, un tempo, ospitava il cimitero. La facciata conserva caratteristiche romaniche e porta dipinta nel centro l’effige del Santo protettore. L’interno è a tre navate con soffitto a volta; l’attuale altare risale al 1731. Al centro della navata di destra è collocato un dipinto attribuibile alla scuola del Parmigianino, rappresentante la Madonna del Rosario. Un secondo dipinto di interessante fattura, risalente al seicento, è posto sopra il fonte battesimale.
Fuori dall’abitato, lungo la statale dei Giovi che collega Milano a Genova, sorge la Chiesa della Madonna delle Grazie , consacrata nel 1664. Di stile secentesco, è ornata da un portale di ingresso fiancheggiato da due colonne di granito che sorreggono un architrave fregiato con diciture a ricordo dei benefattori che vollero l’edificazione della chiesa. Presenta una sola navata con quattro cappelle laterali e tre altari. Entrando, su quello di sinistra è situato un grande dipinto che ricorda la natività di Maria. Sull’altare maggiore, in marmo rosa, si trova un bel dipinto, che raffigura la Madonna Addolorata, che in precedenza era collocato sul muro di uno stabile e per accogliere il quale si volle l’edificazione della chiesa; l’opera è del tardo quattrocento. Ai lati dell’altare sono collocati due affreschi, raffiguranti la Deposizione della Croce e la Sepoltura del Cristo, copia dei famosi quadri del pittore fiammingo Pietro Paolo Rubens. Al di sopra del portale di ingresso è sistemato un grande quadro raffigurante l’Assunzione della Madonna, opera di buona fattura della seconda metà del seicento, molto simile ad un altro dipinto rappresentante la stessa scena e presente, nella medesima posizione, nel Duomo di Pavia.
Per quanto riguarda l’aspetto naturalistico non si può non parlare del “Bosco Giuseppe Negri”, una “Riserva Naturale Orientata”, gestita dall’Università di Pavia, di grande interesse.
Il territorio del comune sorge in quella parte della piana pavese che viene definita “Siccomario”; si tratta di un’estensione di pianura alluvionale con una superficie di trenta chilometri quadrati che costituisce la propaggine sud orientale della Lomellina. Questo territorio, che fu in passato assai più vasto, oggi si identifica con i territori dei comuni di San Martino e Travacò.
Il Siccomario presenta caratteristiche geologiche che lo differenziano dal resto della Lomellina; innanzitutto ne rappresenta la parte più bassa sul livello del mare, con un minimo di 60 metri; formatosi durante l’epoca alluvionale, è per lungo tempo una landa desolata ricoperta da stagni e paludi, generate dal ritirarsi delle acque dei grandi fiumi. Il secolare lavoro dell’uomo ne ha però modificato il carattere, cosicchè oggi appare come una fertile piana. Questo territorio ha vissuto nel passato le sorti di altri territori alluvionali, dove i mutamenti del corso del grande fiume Po sono stati addirittura in grado di far passare un comune da un lato all’altro del fiume, come è avvenuto nel 1700 per Verrua Siccomario. Si ricordano altre due grandi alluvioni, nel 1907 e nel 1917. Come detto, anche l’etimologia del nome Siccomario ricorda la caratteristica origine.
Da segnalare la Festa di fine Estate, che si tiene in agosto.