Pioveva all’alba del 30 maggio 1859, pioveva tanto da sembrare che sulle risaie della Lomellina stesse per arrivare l’autunno, non l’estate. I soldati piemontesi della 4a Divisione, quella comandata da Cialdini, duravano fatica ad avanzare nel terreno fradicio. Sono la Brigata Savona, la vecchia e gloriosa Brigata Regina, detta la Brigata Bianca, dal colore delle mostrine, Bersaglieri, Cavalleria e Artiglieria.
In esecuzione del piano strategico generale, la Divisione aveva l’ordine di avanzare su Palestro, occupato dagli austriaci, e di stabilirvisi.
All’avanguardia sono il 7° e 1'8° battaglione Bersaglieri con due pezzi d’artiglieria, e ad essi tocca di iniziare il combattimento, con un reparto di imperiali che, appostati dietro una barricata, sbarrano la strada davanti a Palestro. Il 7° battaglione che era in testa, si spiega in ordine di combattimento: la 27a Compagnia a destra, la 25a a sinistra, la 25a al centro. Ilcomandante di quest’ultima, Capitano Conte Pietro Brunetta d’Ussieaux, ordina la carica e la compagnia, a passo di corsa, si butta sulla barricata e rapidamente se ne impadronisce, giungono al galoppo i due cannoni di rinforzo, si mettono in batteria e tirano sull’artiglieria austriaca piazzata alle porte del paese. Intanto il 27° battaglione Bersaglieri si butta sulla destra della sua direttrice di marcia e, attraverso un terreno acquitrinoso fra la strada e la Sesia, punta su Palestro.
I Bersaglieri sono subito duramente impegnati da un battaglione austriaco che con due cannoni si è asseragliato in una fornace e contrasta fieramente il passo agli attaccanti. Per tre volte tutto il battaglione Bersaglieri attacca, per tre volte gli imperiali lo ributtano con un fuoco violento e preciso. A sostegno dei Bersaglieri giungono due compagnie del 9° Fanteria, guidate personalmente dal Colonnello Comandante del Reggimento, Filippo Brignone. Si assiste allora ad una di quelle scene che sembrano esistere soltanto nelle oleografie patriottiche. Il Maggiore Conte Chiabrera-Castelli, comandante dei Bersaglieri, a cavallo, in grande uniforme (ché allora tutti, soldati ed ufficiali combattevano in alta tenuta, perché quello della battaglia era il dì di festa degli eserciti) con la sciabola fieramente levata nel pugno guantaio, parte all’assalto, tirandosi dietro Fanti e Bersaglieri. Trombe e tamburi suonano la carica. Un più intenso fuoco dei tedeschi, un più accanito lavoro di baionetta dei piemontesi: la fornace è presa e il fianco destro dello schieramento piemontese irrompe in Palestro.
Sul fianco sinistro il 6° battaglione Bersaglieri ha l’avanzata ostacolata dal terreno inondato e dalla rete di canali, che facilitano la difesa dell’austriaco. Ma, nonostante il terreno difficile e il violento fuoco delle difesa. anche qui i Bersaglieri avanzano e costringono alla ritirata il battaglione austriaco che al comando del tenente colonnello Barone Augustin e con l’appoggio di due cannoni, difendeva Palestro da quella parte. La tenace resistenza austriaca permette l’afflusso di rinforzi, costituiti da un battaglione del reggimento Wimpfen con quattro cannoni al comando del Maggior Generale Weigl. L’arrivo dei rinforzi riattizza la battaglia, già di per sè violentissima e la vittoria piemontese è più che mai incerta, ma l’occupazione, sia pure contrastata, del paese, aveva permesso a tutta la 4a Divisione di penetrarvi senza sperdersi per le risaie ed i canali ed impigliarvisi, come era successo ai Bersaglieri del 6° Battaglione. Cialdini fa infatti avanzare tutta la Divisione, spedendo in tutta fretta rinforzi di fanteria e di artiglieria alle truppe che, asserragliate in Palestro, vi sostengono il violento contrattacco nemico. L’intervento dell’artiglieria e l’arrivo di truppe fresche, costringono gli austriaci alla ritirata, lenta e sempre accompagnata da una tenace resistenza che si vale di ogni minimo appiglio, un muretto, un albero, una buca, dovunque il soldato possa trovare un riparo. Combattimenti di retroguardia; sono ormai le 15 e la battaglia iniziatasi al mattino può ormai dirsi conclusa. Palestro è presa; le trombe e i tamburi della 4a divisione suonano l’assemblea perchè le truppe possano ordinarsi e rafforzarsi nel paese conquistato. Sulla pianura lomellina piove ancora e sempre, e calano ormai le prime ombre del crepuscolo. Attorno ai fuochi di bivacco, fanti e bersaglieri, ripensano alla giornata di dura battaglia, ai commilitoni morti e feriti; forse i veterani di Crimea raccontano alle reclute le belle imprese che i loro reparti hanno compiuto anche in quelle lontane terre.
Poche ore di riposo per la 4a Divisione. Sul far del giorno Cialdini manda fuori pattuglie in ricognizione per conoscere i movimenti del nemico. Tutto il campo piemontese è in movimento. Vi arriva anche Vittorio Emanuele per elogiare personalmente i suoi soldati che si sono portati così bene il giorno innazi. Il Re vede il Maggiore Chiabrera-Castelli e dirigendosi verso di lui, dice &òaquo;Bravo Chiabrera, dica al 7° Battaglione che sono molto contento di loro». «Maestà, non abbiamo fatto che il nostro dovere». «Molto di più, risponde il Re, bravissimi». E via di galoppo, con i suoi aiutanti, verso altri soldati da elogiare e ringraziare, quasi che la paterna esortazione del Re «Couragi fioi... coraggio figlioli», come se le parole del Re potessero essere una sorta di benedizione laica per strappare la vittoria nel combattimento che tutti sentono vicino.
«Couragi, fioi ...» come dire «Ragazzi miei, lavoriamo tutti per la stessa cosa: a me tocca di vedermela con ministri e generali, con Napoleone III e con tante faccende politiche; a voi croati e tirolesi. Facciamo dunque tutti del nostro meglio, e rimanderemo a casa loro i tedeschi». E coi tedeschi fu ancora necessario vedersela, quel 31 maggio 1859.
Era da aspettarsi che gli austriaci non avrebbero abbandonato Palestro, senza tentare di rioccuparla.
Verso le dieci del mattino i primi cacciatori austriaci apparvero nei campi, ai due lati della strada che da Palestro va a Robbio. Ben presto entra in azione anche l’artiglieria austriaca, e si accende il combattimento su tutta la linea degli avamposti piemontesi che Cialdini nella notte aveva fatto disporre su un fronte che dalla Sesia (più esattamente dal ponte della Brida) per Cascina S. Pietro, Pilone S. Anna, Cavetto S. Pietro stendevasi ad oriente del paese conquistato.
L’attacco austriaco era condotto dal gen. Zobel, che nella notte aveva ricevuto ordine dal Maresciallo Gyulai, Comandante in Capo, di riprendere Palestro con le due Divisioni Lilia e Jellacic.
Il gen. Zobel aveva divisato di sottoporre Palestro ad un attacco concentrico. A tale scopo aveva diviso le sue truppe in tre colonne. La principale, forte di 7 battaglioni e quattro batterie di artiglieria agli ordini dello stesso Zobel, punta direttamente su Palestro dalla strada maestra per Robbio; la colonna di sinistra agli ordini del Maggior Generale Szabò, con cinque battaglioni e otto cannoni, doveva avanzare lungo la Sesia ed aggirare il paese sulla sinistra; la terza colonna, otto compagnie e 4 cannoni agli ordini del Maggior Generale Weigl, attacca il paese da settentrione. Gli austriaci attaccano subito con una tale violenza che la linea degli avamposti piemontesi ne è scossa, ma un tempestivo accorrere di rinforzi, fa sì che l’attacco della colonna Zobel sia respinto. Anche la colonna Weigl, sulla destra, non riesce a piegare i piemontesi.
La colonna di sinistra (gen. Szabò), travolge la resistenza dei piemontesi al ponte della Brida, due compagnie del 9° Reggimento Fanteria che si ritirano su Cascina S. Pietro, subito attaccate da due compagnie di cacciatori tirolesi, mentre il grosso della truppa austriaca non si impegna per non avventurarsi nel terreno melmoso. Ma poco a poco tutta la colonna Szabò deve farsi sotto la cascina per piegare la resistenza dei Fanti del 9° che, premuti sempre più da presso, devono ritirarsi su Palestro, inseguiti fin alle prime case del paese dai bravi Cacciatori Tirolesi. A fermarli ed a respingerli verso Cascina S. Pietro accorre l’infaticabile Battaglione Bersaglieri che assieme ai fanti assalta alla baionetta la Cascina S. Pietro, penetrandovi ed impegnando duramente i sempre tenaci difensori. Mentre gli austriaci dal ponte della Brida a Cascina S. Pietro contrastano il passo ai piemontesi, si precipita su di loro il Terzo Reggimento degli Zuavi francesi che, passata la Sesia, accorre a sostenere gli alleati. I cannoni austriaci tirano a mitraglia e i Cacciatori Tirolesi, infallibili tiratori di carabina, stendono un uomo ad ogni colpo ma gli Zuavi si buttano sugli uni e sugli altri e con la baionetta li riducono al silenzio. Premuti dai franco-piemontesi, gli austriaci si ritirano sul ponte della Brida, l’unica via di ritirata, dove il corpo a corpo diventa furibondo. L’accanimento della lotta non esclude episodi di bella cavalleria. Un capitano austriaco, sbattuto a terra da uno Zuavo con il calcio del fucile, vede il suo avversario che gli tende la borraccia, dicendogli «Buvez un coup, mon capitaine, ça vous remettra!» E un maggiore austriaco, dopo una lunga difesa vuole consegnare la sua sciabola al Colonnello de Chabron, comandante del 3° Zuavi, che gli risponde «Gardez votre épée, nous avons l’habitude de laisser les armes à ceux qui savent si bien s’en servir», e lo fa accompagnare da un suo ufficiale al Quartier Generale.
Nel pieno della lotta arriva sul campo Vittorio Emanuele II e si compone allora il quadro che farà passare nella tradizione risorgimentale il Gran Re come «le Roi des zouaves». I francesi si dispongono alla sua difesa, mentre il Colonnello Chabron lo supplica di ritirarsi. Ma il Re risponde «Il mio posto è in mezzo ai miei, oggi voi siete dei miei: qui c’è gloria per tutti». Sono le parole che i ragazzi italiani per tanti anni leggeranno sui libri di storia patria, quando ancora i ragazzi si esaltavano per i Bersaglieri di Palestro o per le Camicie Rosse di Calatafimi. La presenza del Re elettrizza le truppe, specialmente gli Zuavi, che vedono in Vittorio Emanuele un Re militare e guerriero, così diverso dal loro pallido imperatore.
L’assalto degli Zuavi aveva precipitato e risolto le sorti della giornata. Il Gen Zobel, vista bloccata la colonna Weigl, respinta la colonna Szabò, ordina alle sue truppe un violento e disperato attacco contro il paese; respinto ancora, ordina la ritirata su Robbio. La seconda battaglia di Palestro è vinta.
Sulle posizioni conquistate e difese con tanto valore da un nemico efficiente e combattivo, francesi e piemontesi fraternizzano. Il vivace abbigliamento degli Zuavi, dalla foggia turchesca, porta una viva nota di colore tra le severe uniformi piemontesi. Si raccolgono i feriti, si compongono pietosamente i Fanti, i Bersaglieri, gli Zuavi stroncati nell’assalto, gli Artiglieri, caduti sui pezzi; i bravi austriaci fanti e cacciatori, morti al loro posto d’onore, chè a quei tempi la guerra era ancora una faccenda da signòri e nessuno era tacciato di tradimento se dava onorata sepoltura al nemico o confortava il ferito o il prigioniero dell’altra parte.
A tarda sera un gruppetto di Zuavi si presentò al Quartier Generale del Re ed insistette per parlare a Vittorio Emanuele che li accolse con viva cordialità. Un ufficiale parlò al Re a nome del 3° Reggimento facendogli omaggio per incarico de’ commilitoni dei galloni di Caporale degli Zuavi. Il Re li ringraziò con parole che destarono il loro entusiasmo, ed essi, come avevano fatto sul campo di battaglia, gridarono «Viva il nostro capo, il prode Vittorio Emanuele!». La bandiera del Terzo Zuavi riceverà poi dal Re la Medaglia d’Oro al V.M.
Così, con un quadretto di sapore romantico - militare si chiuse una delle più belle giornate della seconda guerra per la nostra indipendenza. La vittoria del 31 maggio permise all’esercito alleato di compiere la sua manovra e di raccogliere le sue forze che erano prima disseminate su una lunga linea e che poterono così accentrarsi per l’avanzata in Lombardia. La sconfitta fu un disastro materiale e morale per gli austriaci: avevano combattuto strenuamente, ma avevano indietreggiato: indietreggiare in un primo combattimento, significa, anche per le truppe migliori, venire meno la fierezza, l’orgoglio e la sicurezza nella vittoria.
Contemporaneamente alla battaglia di Palestro e con essa strettamente collegata si svolgeva quella di Confienza, località vicina alla prima. Il paese fu occupato dalla brigata Aosta (5° e 6° reggimento fanteria) da una batteria e da uno squadrone dei “Cavalleggeri di Saluzzo” verso le 1O di sera del 30 maggio. Il giorno seguente vedeva la brigata Aosta con un battaglione Bersaglieri schierata sulla destra lungo il roggione Busca verso la cascina Nuova; al centro ed all’ala sinistra a diretta difesa dell’abitato la brigata Piemonte (3° e 4° reggimento fanteria) con un battaglione di Bersaglieri. Tre batterie di artiglieria erano in posizione più addietro; in paese restavano di riserva due battaglioni di fanteria e due squadroni dei Cavalleggeri di Saluzzo. Lo stesso giorno, in esecuzione del disegno austriaco di rioccupare le posizioni perdute, verso le 10:30 una colonna austriaca di 8 compagnie di fanti, 4 cannoni e un plotone di cavalleria, provenendo da Robbio, muoveva su Confienza con il compito di impadronirsi del paese e volgersi quindi contro il fianco sinistro delle posizioni piemontesi di Palestro. Gli austriaci si scontrarono dapprima con una compagnia di Bersaglieri e con uno squadrone dei Cavalleggeri di Saluzzo, che ripiegarono sul paese, mentre l’allarme veniva dato alle brigate Piemonte ed Aosta.
Alle 10:45 l’artiglieria austriaca apriva il fuoco mentre alcuni reparti attaccavano frontalmente. Una batteria piemontese rispondeva prontamente e l’attacco veniva contenuto, ma subito dopo, l’attacco principale del nemico si manifestava più a sud di fronte alla brigata Aosta la quale distesa lungo la sponda del roggione Busca respingeva l’offensiva nemica e passata al contrattacco respingeva gli austriaci oltre la cascina Nuova. La brigata Piemonte,a sua volta avanzava verso la cascina Dado e dopo due ore di combattimento il nemico ripiegava nuovmente in direzione di Robbio.
La ritirata si svolse però lentamente continuando gli austriaci a battersi con valore e tenacia e impedendo così ai piemontesi di avanzare celermente e di andare quindi a cadere sul fianco delle colonne austriache che respinte da Palestro stavano anch’esse ritirandosi su Robbio.
Il testo di questa pagina è stato estratto dalla pubblicazione “Battaglie e fatti d’armi del Risorgimento in Provincia di Pavia” di Marziano Brignoli (ed. Ente Provinciale Turismo di Pavia, febbraio 1983).
Una suggestiva descrizione della battaglia di Palestro si trova nel volume “Pavia e i suoi territori nel risorgimento d’Italia”, di Mino Milani, pubblicato nel 1959, a 100 anni dalla battaglia. Per leggere un estratto clicca qui.