Località antichissima, secondo molti storici fondata dai Celti, è, tra i centri abitati della Lomellina storica, quello di più sicura antica origine romana. Una pietra miliare rinvenutavi nel 1829 testimonia che Cozzo costituì in età romana una tappa importante degli antichi itinerari imperiali. Il nome dovrebbe derivare dalle Alpi Cozie, proprio perché il paese era attraversato dall’antica via che da Pavia, per Lomello e Cozzo, si dirigeva verso Torino. Ricordato negli antichi itinerari romani col nome di “Cuttiae”, questo piccolo centro alla sinistra del fiume Sesia era un Municipio ed una stazione di posta assai importante, giungendo a superare in importanza, prima dell’avvento del regno longobardo, la stessa Lomello. Costituiva il centro di una vera e propria provincia detta “Cottuta”, ricordata anche da Strabone ed altri storici romani
Anteriormente al secolo X proprietà dei conti di Lomello, viene poi infeudato a un Ajmone di Vercelli, dal quale discende la nobiltà locale. Nel medioevo fa parte del Comitato di Lomello. Soggetto a Pavia durante il regno longobardo, nel 1163 Federico Barbarossa conferma ai Confalonieri di Pavia i loro possedimenti in Cozzo. Nelle lotte tra Milano e Pavia la città cambia più volte possessore; conquistato dai milanesi, nel 1465 viene dato da Francesco Sforza ai Gallarati. Il borgo, importante centro commerciale e strategico, presumibilmente già in età:; antica è munito di fortificazioni, di cui però non si sono riscontrate tracce. Nel 1244 i milanesi riedificano in più ampie proporzioni, munendolo potentemente, il Castello. Esso sorge su uno preesistente assai antico, probabilmente costruito dai monaci benedettini di Cluny che iniziano anche a bonificare la zona.
Nel 1465 il duca Francesco Sforza accorda licenza a Pietro Gallarati di “fare la compera del castello e delle terre di Cozzo”; due anni dopo, Bianca Visconti, vedova del duca, ordina allo stesso Gallarati di fortificare maggiormente il castello e cingerlo di fossati con ponti levatoi, onde resistere ai frequenti attacchi nemici. La fortezza di Cozzo deve essere veramente imponente, a giudicare dagli avanzi del grande bastione costruito con materiale fortissimo, e dall’ampia e profonda fossa colmata solo nel 1819. Il Castello viene in seguito trasformato in comoda dimora dai duchi Gallarati-Scotti.
La località è citata nei più famosi itinerari dell’antichità classica e, precisamente, in quello di Antonino e nel Burdigalense; sui vasi apollinari di Vicarello e nella tabula peutingeriana. Su quest’ultima è indicata con il simbolo convenzionale della doppia casa, che contrassegna anche i municipi di Pavia e di Torino: segno della sua indiscussa importanza. L’antichissimo geografo Strabone (63 a.C.-20 d.C ) fa menzione dell’oppido di Cozzo, al pari di un Anonimo Ravennate del sec. VII e del Mommsen. Il grande storico tedesco (1817-1903) accomuna, per importanza, Cozzo a Torino.
Da Cozzo proviene molto materiale archeologico figurante nelle civiche raccolte d’arte di Pavia.
Il Castello , compatto e poderoso, a pianta quadrilatera, si eleva nella periferia nord-occidentale del paese. Come per gran parte delle rocche della regione, non è possibile ipotizzarne la data di costruzione. Per il suo aspetto generale e per la tecnica costruttiva delle opere murarie sembra poter risalire al secolo XI. La torre nell’angolo sudorientale, per contro, presenta, a tre quarti dell’altezza, una triplice cornice decorativa, del tipo cosiddetto “a denti di sega”, caratteristica delle costruzioni di età viscontea; questa e altre incongruenze stilistiche sono da ascrivere a un rimaneggiamento di rilevante entità effettuato nel periodo rinascimentale o poco prima. L’edificio inoltre è poco sviluppato in pianta in rapporto all’altezza, una particolarità non comune in Lomellina, riscontrabile unicamente nel castello di Tortorolo ove, come qui, è evidente un sopralzo dell’intero edificio avvenuto in epoca imprecisabile. Successive al Rinascimento sono altre modifiche che hanno interessato, nel numero e nello stile, le aperture preesistenti; tali modifiche non hanno però alterato l’aspetto generale del monumento, che dunque è pervenuto integro (quanto meno nella situazione rinascimentale) ai giorni nostri. Da un robusto rivellino, un tempo munito di ponte levatoio e in cui si apre un ampio portone, si accede all’antico ricetto, dal cui cortile, tramite un ponte in muratura, si entra nel maschio. Anche in questo caso l’ingresso è inserito in un ulteriore poderoso rivellino, addossato al corpo principale del castello, in cui sono tuttora visibili (come nel rivellino del ricetto) le sedi dei bolzoni, mentre è parzialmente murata la pusterla.
Sul lato meridionale, nella parte sinistra della torre angolare, è osservabile un affresco con le armi dei signori del luogo. Alla sommità i muri perimetrali sono coronati da merli ghibellini, tra i quali si intravedono le sagome di alcuni comignoli di gusto classico, ma di moderna costruzione. All’interno molte e vaste sale conservano i soffitti originali a cassettoni di legno; vi si può ammirare, inoltre, un prezioso affresco monocromo che raffigura un evento storico ivi accaduto nel 1499: l’incontro tra il re di Francia Luigi XII e Pietro Gallarati; con il regale ospite si possono riconoscere numerosi altri personaggi del suo seguito, tra cui il cardinale Giorgio d’Amboise, gran Cancelliere del ducato di Milano, già arcivescovo di Rouen e proprietario, tra l’altro, del castello di Sartirana e di vaste terre nella regione. Nelle sale del castello sono pure conservate tele di notevole valore.
Per trent’anni, dal 1974 al 2004, il castello ha ospitato la comunità per il recupero di tossicodipendenti di «Mondo X», fondata nel 1967 da Padre Eligio. Oltre a curare la conservazione del maniero, aveva anche in gestione un ristorante molto apprezzato.
La Chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Vittorino, vescovo e martire, Pietro e Michele, viene eretta nel 1863 dal duca Tommaso Gallarati-Scotti; costruita in forme neoclassiche, è restaurata nel 1962 da don Bernardo Merlo.
Nelle campagne intorno a Cozzo vi sono numerosi Fontanili. I più antichi, che si trovano nei territori intorno a questo paese, risalgono all’XI-XII secolo. Ebbero tra i principali promotori i monaci di alcuni ordini, quali i Benedettini, i Certosini e i Cistercensi. Essi, in collaborazione con la numerosa manodopera rurale e i proprietari laici di queste zone, s’impegnarono molto per un’ottimizzazione nello sfruttamento di tutte le risorse agro-silvo-pastorali della pianura.
Vicino a Cozzo si trova la frazione di Celpenchio, piccolo e grazioso borgo, un tempo sede comunale e ora frazione, ha sempre seguito le sorti dell’attuale capoluogo, pervenendo, nel 1465, ai Gallarati, signori di Candia e Cozzo, ai quali appartenne per lungo tempo. Del Castello , della cui epoca di costruzione non è possibile fare ipotesi, sussistono poche e scarne informazioni; esso viene ricostruito nel secolo XIV, in seguito a vicende belliche non meglio precisate. È costituito da tre corpi di fabbrica disposti a “U” con la fronte principale volta a nord-est e il lato aperto in direzione sud-ovest, verso il vicino Sesia. Il tessuto murario esterno denuncia numerosi rimaneggiamenti: sulla facciata principale si possono osservare tracce di tre archi a tutto sesto, in forma di loggiato, attualmente murati; ai due angoli superiori della stessa facciata si conservano due piccole torri quadrate pensili, evidentemente mozzate all’altezza del tetto che poggia sull’antica merlatura, pure murata. Il complesso, che per le sue caratteristiche generali è assimilabile più alle costruzioni fortificate piemontesi - novaresi e vercellesi in particolare - che ai coevi manieri lomellini, è adibito ad abitazione e a magazzino rurale e versa in gravi condizioni di degrado, ma rimane di grande interesse e di sicuro fascino.
Cascine: Boscaiolo, Cassinazza, Cassinetta Nuova.
Dal punto di vista ambientale sono meritevoli di segnalazione la garzaia di Celpenchio e la garzaia della Verminesca.
La prima domenica di settembre si festeggia la Festa patronale e la Sagra della Porchetta.