Lo scontro di Zinasco

29 aprile 1859

Allo scoppio della seconda Guerra di Indipendenza gli austriaci invasero la Lomellina, a protezione della quale rimase un solo reggimento di cavalleria piemontese, quello dei “Cavalleggeri di Saluzzo”, con il compito di sorvegliare l’avanzata del nemico. Il 28 aprile 1859 il reggimento si mosse da Mede portandosi a Sannazzaro e mandando di qui uno squadrone a Garlasco ed uno a Cava Carbonara per guardare da quelle due località le rive del Ticino mediante un buon sistema di pattuglie. Il giorno successivo un plotone, al comande del tenente Carlo Fabio Longhi, milanese di 25 anni, che morirà generale nel 1913, si portava a Zinasco. Il Longhi mandò alla cascina Ca’ Bianca due uomini, il sergente Fissore e l’appuntato Giovanni Barberis, in estrema vedetta, e venne a sapere che gli austriaci, che avevano sconfinato, erano ormai nelle vicinanze. Poco dopo, un reparto di ussari austriaci si dirigeva al galoppo verso Zinasco; i cavalleggeri piemontesi si schierarono allora davanti al paese. Quasi subito comparvero gli ussari nemici nella loro elegante uniforme azzurra con alamari d’argento; appartenevano al reggimento “Haller” ed erano fieri delle loro tradizioni. Pochi minuti, poi da entrambe le parti i trombettieri suonano la carica e le due schiere galopparono l’una contro l’altra, le sciabole levate. L’urto fu violento e primi a scontrarsi furono i due ufficiali che galoppavano alla testa dei reparti. L’austriaco tirò un colpo di sciabola all’italiano, che lo parava rimanendo però offeso alla spalla sinistra, difesa peraltro dalla spallina metallica. I due reparti si scontrarono a loro volta, si confusero e in breve tempo cavalleggeri e ussari si battevano fra loro in singoli combattimenti a piedi od a cavallo.

A dar manforte al reparto impegnato, inferiore di numero agli austriaci, accorse, a briglia sciolta, un altro plotone al comando del capitano Corrado Colli di Felizzano. Gli austriaci abbandonarono il terreno e si ritirarono, portando con loro un ufficiale e due ussari gravemente feriti che morirono poi all’ospedale di Pavia. Fu una prima, sia pur modesta vittoria italiana che lasciava ben sperare per l’avvenire. Ma altre masse di austriaci dilagavano nel territorio circostante e pertanto il capitano Colli, messi in ordine i suoi reparti, comandò la ritirata su Mede, mentre altri squadroni del reggimento, appostati altrove, la eseguivano su Lomello.

Il tenente Longhi ebbe la medaglia d’argento al valor militare ed un elogio per la bella azione di aver preso a mano il cavallo di un caporale caduto a terra e di averglielo condotto a poca distanza dal nemico per consentirgli di salvarsi, come avvenne.

Sull’imbrunire vari reparti di cavalleria austriaci occuparono Zinasco ed avevano già in parte appiedato quando irruppero nel paese ventre a terra, quel sergente Fissore e quell’appuntato Barberis che erano stati mandati di vedetta alla Ca’ Bianca. Dopo lo scontro i due avrebbero voluto riunirsi al loro plotone, ma non lo poterono che verso sera quando il reparto si era già allontanato e la campagna era tutta invasa dal nemico. Essi tentarono ugualmente. Il sergente, caduto da cavallo, parò un colpo di sciabola e rapido si dileguò nel buio; l’appuntato cadde quasi subito, ferito gravemente. Il Barberis fu curato dai cittadini di Zinasco, ma il 16 maggio il giovane cavalleggero morì.

Gli uomini della Guardia Nazionale di Zinasco, disarmati e in borghese perché in regime di occupazione nemica, ma inquadrati militarmente, vollero scortarne le spoglie al cimitero per dimostrare all’austriaco occupante il patriottismo di tutto il paese. La condotta del Barberis, primo caduto nella guerra del 1859, va segnalata anche per un altro fatto. Già gravemente ferito e caduto da cavallo, ebbe la forza di togliere la bardatura all’animale e di consegnarla al Sindaco di Zinasco. Era proprietà dello Stato e non doveva cadere in mano al nemico, ma essere consegnata a chi legittimamente quello Stato rappresentava, cioè il Sindaco. Quale esempio ci viene dall’umile ferito di Zinasco; prima di pensare a se stesso vuole salvare la proprietà pubblica, quella sella, quei finimenti che gli erano stai affidati per servire la Patria in guerra. Un bell’esempio di senso dello Stato e di rispetto per la cosa pubblica. E quale ammonimento, anche.

Il paese di Zinasco ebbe a soffrire pesanti requisizioni, tanto che dodici ore dopo il passaggio degli Austriaci non si trovava più riso, vino, sale, cavalli, foraggi, carri, buoi, legna, ecc.

Zinasco resterà occupato fino al 3 giugno 1859 quando, in seguito alla vittoria franco-sarda di Palestro, gli austriaci si ritirarono su Pavia.

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Il testo di questa pagina è stato estratto dalla pubblicazione “Battaglie e fatti d’armi del Risorgimento in Provincia di Pavia” di Marziano Brignoli (ed. Ente Provinciale Turismo di Pavia, febbraio 1983).