Il secondo monastero femminile di Vigevano fu quello delle Clarisse che ottenne la clausura vescovile nel 1655. La presenza delle figlie di Santa Chiara nella città ducale è però più vecchia di due secoli e si deve ad alcune Terziarie Francescane provenienti da famiglie notabili di Vigevano che vollero andare a vivere insieme la Regola. Esse trovarono una casa vicino alla vecchia chiesa di San Dionigi ed ottennero addirittura nel 1455 da papa Callisto l’erezione canonica del monastero. Queste aprirono una finestra che guardava in chiesa per poter assistere dal coro interno alle funzioni, ma questo non piacque ai membri della Confraternita di San Dionigi che tanto dissero e fecero da far intervenire il Comune dando torto alle monache, nonostante queste potessero contare del favore del Duca.
Non avendo trovato modo di ampliare la prima casa o di avere a disposizione un fabbricato con clausura esterna adeguato, le Clarisse lasciarono Vigevano dando vita più tardi al monastero di Santa Chiara ad Abbiategrasso, che durò fino alle soppressioni napoleoniche.
Molto più tardi, una caparbia donna nubile, Giovanna de’Previde Eustachi (1606-1686), era entrata nel Terz’Ordine Francescano ed era andata a vivere con alcune consorelle in una casa al fondo dell’odierno vicolo del Seminario, nel sedime ora occupato dalla chiesa di Sant’Anna. Desiderosa di fondare un monastero regolare ebbe l’idea ardita di chiedere il fabbricato di palazzo Sanseverino, il cui cortile centrale era rimasto in piedi dopo che i soldati spagnoli avevano atterrato l’imponente Rocca Nuova, che era stata costruita attorno a partire dal 1495 da Ludovico il Moro. Dopo assedio e contrassedio tra Francesi e Spagnoli, questi ultimi nel 1646 decisero di smantellare il fortilizio. Giovanna de’ Previde si recò (a piedi) due volte a Madrid rivolgendosi direttamente al Re di Spagna il quale concesse il fabbricato superstite, il materiale utilizzabile, e il terreno circostante.
Nel 1655 iniziò a restaurare il palazzo, cintare il giardino e nel 1665 iniziò la chiesa, che era a croce greca con vasto coro per le monache, e che chiudeva la contrada di San Rocco. Fu consacrata nel 1680. L’amicizia spirituale e la stima del coetaneo vescovo mons. Caramuel (che la chiamava “la buona vecchiarella”) permise al monastero di fiorire nella vita regolare con un educandato per ragazze.
Le leggi napoleoniche posero fine nel 1810 la vita del monastero, che allora contava ben 35 monache. La chiesa fu demolita per aprire lo sbocco dell’odierno corso Repubblica alla piazza d’armi (ora fiera) realizzata in quegli anni. Le ossa della fondatrice del monastero forse riposano ancora sotto il selciato... Alcuni ambienti e alcuni affreschi nel chiostro ricordano la vita orante delle monache clarisse succedute tra quelle mura ai militari e prima ancora alle dame della corte sforzesca.
Il testo di questa pagina è stato estratto da due articoli di Don Cesare Silva nella pubblicazione “Aurora della Lomellina” (luglio/agosto 2021).