L’etimologia del nome è incerta: secondo alcuni deriva da “rosager” (rugiada-campo) ad indicare una campagna ricca di acque; secondo altri da “rosarium”, per la presenza di roseti; per altri ancora, e questa è la versione più accreditata, da “roccasso” o “castellazzo” per la presenza di una antica rocca o castello.
Il primo documento che riguarda Rosasco col suo castello è la concessione fatta da Ottone I nel 977 al vescovo di Pavia, donazione confermata poi dal re Arduino nel 1011.
Il castello viene costruito verso la fine del secolo XV sulle rovine di una antica fortezza le cui origini si fanno risalire a epoche anteriori al secolo X, subisce distruzioni, nel 1636, ad opera delle truppe francesi comandate dal maresciallo De Crequì ed è quasi interamente distrutto nel 1643 ad opera di milizie savoiarde durante la guerra per la conquista del Monferrato.
Dell’antico Castello , un tempo cinto di mura e di fossato, sopravvivono alcune torri, disposizione in modo da ipotizzare un ben fortificato ricetto, la cui planimetria può essere identificata con l’intero quartiere ancora oggi chiamato “castello”. Una delle torri è posta nel settore nord-occidentale del recinto, probabilmente a difesa dell’angolo rivolto verso le campagne lomelline; da essa, tramite strette vie di aspetto tipicamente medievale, ci si può portare nella piazza principale, ove sorge la parrocchiale. Per accedervi occore transitare attraverso l’antico ingresso al recinto fortificato, aperto in un robusto rivellino, probabilmente la torre centrale del lato meridionale del ricetto. La torre nord-occidentale ha conservato la meratura ghibellina, una fascia decorativa seghettata alla sommità e tutte le finestre originarie, la più alta delle quali, sul lato est, è strombata e modanata. Il rivellino, che ha numerose aperture a sesto ribassato e l’arco di accesso a tutto sesto, è invece completato, alla sommità (coperta da un tetto moderno), da una balconata che ha mantenuto l’antica balaustra in legno. Una terza torre, delle quattro probabili di un tempo, anch’essa in mattoni a vista, è visibile nella parte absidale della chiesa parrocchiale. Della quarta torre non è rimasta alcuna traccia. All’interno del quartiere sono ulteriormente osservabili edifici che possono con sicurezza essere riconosciuti, nonostante le ristrutturazioni, come sopravvivenze degli antichi edifici del ricetto. Si è qui, con tutta probabilità, in presenza delle più antiche strutture castrensi della Lomellina.
La Chiesa parrocchiale di San Valentino è sorta nel recinto del castello, sfruttando le strutture del castello stesso. L’epoca di costruzione è incerta, ma la data 8 maggio 1496, che si legge sull’architrave della porta laterale, è senz’altro da ritenersi indicativa. La facciata ottocentesca, in stile gotico romantico, non ha interesse artistico ed ha purtroppo cancellato l’originaria romanica. L’interno è a tre navate, con archi a sesto acuto e volte a vela che poggiano su sei possenti colonne di mattoni a vista. Lungo la navata di destra si possono ammirare una splendida tavola raffigurante la Strage degli Innocenti attribuita alla scuola laniniana; una grossa tela secentesca rappresentante la Madonna col Bambino tra San Carlo e Sant’Antonio; uno splendido confessionale di legno intagliato del 1748, al di sopra del quale è appesa una grande tela con San Valentino che raccomanda il paese alla Vergine, qui affiancata da San Vincenzo Ferrari e Sant’Antonio Abate. Nella navata di sinistra si apre la cappella del Santo Rosario (1641), ornata di stucchi ed intagli, con statue della Madonna, di San Domenico e di San Francesco. L’altare maggiore risale al 1730 e presenta una decorazione a tasselli neri e rosa. Nel coro meritano una segnalazione di rilievo l’importante Crocifisso ligneo del XV secolo e la splendida tela raffigurante San Francesco in estasi, del 1605, attribuita al Moncalvo. La “Cappella Castri”, che attualmente figura come sacrestia della chiesa di San Valentino, conserva, in una lunetta, un bell’affresco del tardo quattrocento lombardo, raffigurante la Crocifissione. Sullo sfondo è rappresentato il castello, con torri cilindriche a merlatura guelfa, per libera interpretazione anonima dell’artista.
Adiacente alla chiesa è l’Ossario secentesco. Nella chiesa della confraternita di San Giuseppe, situata vicino alla parrocchiale, si può ammirare una bella Via Crucis, in acquerelli di ottima fattura, del settecento francese. Meritano ancora una citazione le sei tavole anonime del XIV e XV secolo, già appartenute ai Visconti, raffiguranti tre Santi Martiri, San Tommaso, San Domenico, San Benedetto, Santa Caterina di Alessandria e Santa Chiara. Restaurate nel 1968, sono ora conservate nella sala consiliare del Comune.
Dal punto di vista ambientale è meritevole di segnalazione la garzaia di Celpenchio.
La seconda domenica di settembre si tiene la Festa patronale.