Gambolò è tra i centri più fiorenti della diocesi di Vigevano, con le tre confraternite ancora operanti, le numerose chiese e l’antica pieve di Sant’Eusebio (parrocchia autonoma fino al 1832).
Pochi sanno che Gambolò fu sede anche di un monastero femminile e di due maschili. Il monastero femminile era quello intitolato a Santa Chiara, che sorgeva nei pressi dell’odierna chiesa della confraternita di San Rocco. Era stato fondato da una nobildonna milanese, Clara Francesca dei conti Terzaghi, che aveva ottenuto dal vescovo mons. Caramuel di aprire un conservatorio per ragazze in paese costruendo un edificio con grande giardino non lontano dalla chiesa di Sant’Eusebio con una piccola chiesa intitolata a Santa Chiara e retto da sorelle appartenenti al Terz’Ordine Francescano.
Queste nel 1685 chiesero e ottennero dal vescovo mons. de Roxas di trasformare il conservatorio in un monastero regolare, indossando il velo e osservando la clausura vescovile continuando ad accogliere ragazze per il periodo dell’insegnamento.
Nel 1689 Cornelia Visconti Borromeo donò una grande rendita al monastero per la Messa quotidiana e il mantenimento delle monache, tra le quali erano numerose giovani provenienti dall’aristocrazia lombarda. Nel 1729 fu ricostruita la chiesa nelle eleganti forme attuali: i feudatari del paese, i marchesi Litta eressero gli altari laterali di San Francesco di Paola (la moglie Paola Visconti) e di Sant’Antonio di Padova (il marito Antonio Litta). Nel 1805 il monastero fu soppresso e venduto dal Demanio, mentre i confratelli di San Rocco, la cui chiesa sorgeva nelle vicinanze, nonostante fossero stati soppressi, cercarono di comperare la chiesa e gli arredi. Ci riuscirono e dopo il 1811 la riaprirono al culto intitolandola a San Rocco come sede della confraternita che sarebbe stata ricostituita pochi anni dopo. Trasportarono un’antica immagine della Madonna che ancora vi si venera.
A non molta distanza, vi era la chiesa di San Bernardino da Siena con accanto un piccolo convento, chiamato “ospizio” che dipendeva dal grande convento di Santa Maria delle Grazie in Vigevano, fondato daì Minori Osservanti (chiamati “zoccolanti”) nella seconda metà del sec. XV. Si ha memoria che questa comunità fosse presente a Gambolò già negli ultimi anni del 1400, poiché si ricorda l’eroismo dei frati di San Bernardino in occasione delle pestilenze degli anni 1500 e 1501 che devastarono il paese. L’ospizio di Gambolò aveva una chiesa con tre altari, intitolati a Sant’Anna e a Sant’Antonio di Padova.
Sull’altare maggiore era un’icona di San Bernardino che fu tolta per mettere in venerazione un’antica immagine del Crocefisso dipinta sul muro. La chiesa e l’ospizio furono soppressi per le leggi napoleoniche del 1805 e ridotti ad abitazioni private.
Nei pressi della chiesa di San Paolo vi era una piccola chiesa e un conventino, detto “ospizio” intitolato a San Vincenzo Ferreri, dipendente dal convento vigevanese di San Pietro martire. Non abbiamo molte notizie al riguardo, se non che fu soppresso nel 1805. Sorgeva accanto alla casa natale del cardinale Arcangelo Bianchi, nato a Gambolò nel 1516.
Entrato nell’Ordine dei Domenicani a Vigevano fu allievo di Michele Ghisleri che divenuto papa nel 1566 lo consacrò vescovo di Teano e lo creò nel 1570 cardinale. Fu inquisitore e infine prefetto della Sacra Congregazione dell’Indice. Morì a Roma nel 1580 ed è sepolto nella basilica di Santa Sabina. Il Bianchi fu molto generoso con il suo paese natale fondandovi un ospedale e le scuole pubbliche.
Il testo di questa pagina è stato estratto da due articoli di Don Cesare Silva nella pubblicazione “Aurora della Lomellina” (settembre 2021).