I primi abitanti del territorio di Cava furono i Levi, della tribù dei Liguri, amanti delle armi, che vivevano soprattutto di agricoltura, caccia e pesca. Ai tempi dell’impero romano, Cava, trovandosi su una biforcazione di due importanti vie di comunicazione, si avvantaggia moltissimo della presenza dei molti forestieri di passaggio.
Le prime notizie di Cava risalgono al sec. XIII, quando l’abitato apparteneva amministrativamente alla podesteria di Sommo, e pure la cura delle anime era affidata all’arciprete del vicino paese, come risulta dalla visita pastorale del 1460.
Non esistono prove documentarie che il paese abbia ospitato un vero e proprio castello, nonostante la presenza sul luogo del casato degli Olevano, che per vari secoli esercita il totale dominio della zona, e la posizione strategica del borgo, situato in posizione elevata sul ciglio di un terrazzo fluviale. Di un probabile antico fortilizio sopravvivono in via Olevano alcuni tratti di bastioni che presentano piccoli archi e vestigia di casermette, unite alle mura settecentesche sul lato sinistro della strada stessa, in accentuata pendenza, da un ponte aereo anch’esso di origine settecentesca.
A proposito degli Olevano... erano una nobile ed antichissima famiglia, risalente all’anno mille, il cui capostipite, Uberto Olevano, ottenne numerosi privilegi da Federico Barbarossa per la sua fedeltà all’imperatore. Cava perde l’appoggio di questa grande famiglia dopo che l’ultimo feudatario, Uberto IV, venduta ogni proprietà, si allontana dal paese.
All’originario nome di Cava viene aggiunto, con regio decreto del 15 marzo 1863, l’appellativo di “Manara”, a ricordo dell’eroe contraddistintosi in un fatto d’armi che si svolge proprio da quelle parti. È infatti tra Cava e Mezzana Corti che Luciano Manara, alla testa di un manipolo di bersaglieri lombardi, da lui creati, sostiene una cruenta guerriglia contro forze austriache, a lui superiori per numero e armi, riuscendo a passare il Po su un ponte di chiatte, che viene subito distrutto e bruciato, rimanendo poi a presidio della zona conquistata. Tale episodio è ricordato con una lapide bronzea, tuttora esistente nella piazza del paese, che così recita: «A Luciano Manara - Agli strenui legionari - Che nel 1849 - Da forti qui pugnarono - E a Roma - Sangue e vita immolarono - Auspicandone con sublime sacrificio - L’intangibile libertà - Cava - Adorna di tanto nome - Memore - il 17 settembre 1899»
Nel 1441 il territorio di Cava Manara era ancora dipendente dalla canonica di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, che aveva ricevuto dai Mortariesi il controllo degli ospedali dei pellegrini nel tratto tra Vercelli e Pavia. Forse a questa secolare presenza si deve la tradizione che vede citata Cava nella celebre “Legenda Aurea” composta da Jacopo da Varagine, scritta dal frate domenicano (arcivescovo di Genova) tra il 1260 e il 1298. Leggiamo nel capitolo 124 che un gruppo di pellegrini giunti da Oltralpe per recarsi a ottenere la guarigione sulla tomba dei Santi Apostoli Pietro e Paolo a Roma si fermarono alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Cava e qui ebbero l’apparizione di Sant’Agostino che li invitava a recarsi a Pavia, presso il suo sepolcro in San Pietro in Ciel d’Oro. Ottennero la guarigione sperata e così l’episodio ebbe grande risonanza nel medioevo. La chiesa di Cava fu quindi intitolata a Sant’Agostino, divenendo tappa di pellegrinaggio.
La Chiesa parrocchiale di Cava, sorta sulle rovine dell’antico Oratorio dei martiri Cosma e Damiano, sorge nella vasta piazza del paese, ed è dedicata a Sant’Agostino. Alla famiglia Olevano si deve la costruzione della chiesa parrocchiale, non vasta ma grandiosa, eretta nella prima metà del sec. XVIII, composta di una chiesa sotterranea e di una superiore, affiancata da un grandioso campanile dal tipico cupolino a campana. La facciata a due ordini di gusto corinzio immette nell’interno a pianta ottagonale allungata, coperta da imponente volta e alleggerita da quattro coretti e dotata di altri altari. Il maggiore in marmi policromi (malamente addossato al coro in anni recenti) è sormontato da una pregevole tela del pavese Carlo Antonio Bianchi (1714-1774) raffigurante Sant’Agostino che compone, ispirato, il “De Trinitate”. Ai lati sono due affreschi del dornese Biagio Canevari (1864-1925) raffiguranti l’apparizione del Santo; nella volta lo stesso dipinse quattro episodi della sua vita: il battesimo, l’estasi a Ostia, la predicazione al concilio di Cartagine e la pia morte. Alcuni decenni fa un restauro ha però coperto molte decorazioni e figure minori banalizzando l’aspetto dell’interno.
A fianco della chiesa, a sinistra della strada provinciale, su un cucuzzolo dal quale si dominano le colline dell’Oltrepò e la vallata sottostante, sorge il palazzo Olevano, residenza dell’omonima famiglia, eretto per soggiorno salubre dei nobili pavesi; rigoroso ed elegante stile barocco, in origine comprendeva i settori abitati dalla servitù, scuderie, parco e altri edifici di compendio. Nella seconda metà dell’ottocento il vescovo di Vigevano, mons. Pietro Giuseppe De Gaudenzi lo acquisì per farne una casa per gli esercizi spirituali del clero e per le vacanze estive dei chierici del Seminario, finchè un suo successore li portò sul lago d’Orta, essendo nativo di quella zona. Frazionato nella proprietà, alterato in più parti, l’edificio, è tuttavia di grande valore architettonico e di notevole interesse.
Il Comune comprende le frazioni di Brondelli, Gerre Chiozzo, Mezzana Corti con la sua chiesa parrocchiale del XVIII secolo dedicata a San Lorenzo Martire, Spessa, Torre de’ Torti, con la parrocchiale dedicata a San Pietro apostolo, e Tre Re.
La prima domenica di settembre è da segnalare la Sagra di Sant’Agostino.
La seconda domenica di luglio si tiene la Sagra di Torre de’ Torti.
L’ultima domenica di agosto si tiene la Sagra di Tre Re.
L’ultima domenica di settembre si tiene la Sagra di Mezzana Corti.