Breme

Abbazia di San Pietro

La più antica e celebre abbazia lomellina fu quella di Breme, intitolata a San Pietro. La storia comincia molto lontano, nel tempo e nello spazio, e bisogna risalire la valle del Po, che con la Sesia si incontra ai piedi del paesello di Breme, e arrampicarsi fino alla val di Susa, salendo a Novalesa, località strategica (ieri come oggi) per il passaggio tra la Francia e l’Italia, tappa di commercianti, pellegrini, eserciti e banditi. Il 30 gennaio 726 Abbone, signore franco di Susa e di Moriana (al di là delle Alpi) fondò sulla strada del Moncenisio un monastero intitolato a San Pietro, così da porlo sotto la giurisdizione immediata del Papa, che fu affidato a monaci che seguivano la Regola di San Colombano (in seguito passarono a quella di San Benedetto). Il monastero divenne importante per le donazioni e i privilegi di re e principi, tra cui Carlo Magno, e controllava ampi territori lungo tutta la valle del Rodano, fino in Provenza, e lungo il corso del Po, attorno a Torino ed Asti, fino al basso Monferrato (toccava ben 20 diocesi tra Italia e Francia).

Nel 906 pirati saraceni (che avevano base in Costa Azzurra), oltrepassarono le Alpi e fecero rapina e strage a Novalesa che era un centro importante e ricco. I monaci superstiti, essendo impossibile garantire la sicurezza dell’abbazia, recuperarono le reliquie e i libri superstiti, e si portarono a Torino, presso la chiesa di San Clemente (antico loro possedimento) , che sorgeva fuori le mura, in zona Valdocco. Più tardi ripararono dentro le mura e ottennero il possesso del priorato di Sant’Andrea, ove sorge ora il Santuario della Consolata.

Il marchese di Ivrea Adalberto il 24 luglio 929 concesse protezione ai monaci e i diritti feudali sulle curtes (le unità amministrative del tempo, come i nostri Comuni) di Breme e di Pollicino, che sorgevano in posizione strategica sul Po, non lontani dalla capitale d’Italia, Pavia. I monaci fondarono così nel borgo murato di Breme un nuovo monastero, intitolato a San Pietro. A Pollicino riedificarono la chiesa, dedicata a Santa Maria, che ancora esiste come il più antico Santuario mariano della Lomellina, mentre il borgo con il tempo scomparve. Presto i monaci recuperarono gli antichi possedimenti e con l’abate Gezone tornarono a Novalesa dove ricostruirono la chiesa, il monastero e le cappelle, che conservano affreschi e strutture murarie romaniche.

Agli inizi del sec. XI risale anche la cripta della chiesa di San Pietro a Breme e la possente torre campanaria della Consolata di Torino. In questi anni venne scritta, forse a Breme, la “Cronaca di Novalesa” ovvero la storia del monastero, di cui si conserva nell’Archivio di Stato di Torino la pergamena originaria. Si parla anche di un monaco Bruningo, architetto, della famiglia dei conti Palatini di Lomello. A questa stagione architettonica si devono molti monumenti di stile romanico presenti nelle aree di influenza bremetense in Piemonte e in Francia: ricordiamo la basilica di Santa Maria Maggiore a Lomello, la pieve di Velezzo e la collegiata di Breme (pur restaurata), che vennero erette nei primi decenni del sec. XI.

Da Breme dipendevano fiorenti priorati sparsi lungo le valli del Po e del Rodano, e un monastero femminile, nella frazione Rocca delle Donne di Camino (poi passato alle Clarisse). A Lomello (antica capitale della Contea da cui dipendeva Breme) vi era un priorato intitolato a san Pietro, posto sulle rive dell’Agogna, ora scomparso, mentre a Pavia officiavano la chiesa dei Santi Gervasio e Protasio (l’antica cattedrale della città).

Breme ebbe molti contatti con Cluny e fu legata ai movimenti di riforma dei tempi di papa Gregorio VII, e in particolare con San Pier Damiani. L’Imperatore Ottone III confermò i privilegi nel 992, e dopo di lui Corrado II nel 1026. Anche i Papi furono larghi di concessioni, a partire da Benedetto VIII (1014); nel chiostro di Breme si formarono Abati e Vescovi, per Cluny, Alba, Chartres.

Dal monastero di Breme dipendevano diversi priorati e numerosissimi monaci: nel corso del sec. XII divenne il sesto per importanza in Europa. Con il passare del tempo però gli appetiti dei signorotti locali e anche di certi vescovi (come quello di Como, che maneggiò per comandare su Breme ma morì di spavento dopo aver sognato San Pietro, come racconta la “Cronaca”), portarono all’occupazione di molte terre e la perdita di dipendenza di molti priorati, che si rendevano soggetti ad alte realtà locali.

Nel 1306 le truppe mercenarie al soldo dei Visconti assediarono e presero Breme, che era un borgo fortificato in posizione strategica ai confini della Lomellina verso il Monferrato e sulla strada per Torino. Con l’occupazione del borgo fortificato di Breme, i Visconti trasformarono l’abitato in una fortezza che nei secoli successivi sarà contesa tra il Ducato di Monferrato e quello di Milano, e poi tra Francesi e Spagnoli. Particolarmente dura fu l’occupazione del borgo da parte di Azzone Visconti nel 1337. Nel 1355 l’imperatore Carlo IV assegnò la fortezza al Marchese di Monferrato, e nel 1359 Luchino dal Verme conquistò Breme per i Visconti, facendolo partecipe delle sorti del Ducato di Milano. Ne patirà soprattutto l’edificio abbaziale, eretto nel luogo più strategico, a ridosso dell’ansa dei fiumi Po e Sesia, che anticamente si incontravano a pochi metri dal paese, appena sotto la costa, ancora ben visibile.

I monaci bremetensi si ridussero di numero progressivamente e l’abbazia cadde sotto l’istituto della Commenda, che fu la causa della fine di moltissime istituzioni monastiche d’Europa. In pratica i beni dell’abbazia vennero assegnate ad un Abate che ne aveva il titolo solamente e ne godeva le rendite, senza esercitare l’ufficio abbaziale.

La comunità dei monaci si trovò quindi senza la possibilità di eleggere un abate e reggersi autonomamente. Il primo abate commedatario, nominato da papa Paolo II nel 1542 ottenne che l’abbazia fosse assegnata alla Congregazione degli Olivetani che la assegnarono a quella di San Bartolomeo della Strada di Pavia (sorgeva nei pressi del Ponte vecchio).

I monaci di Breme furono trasferiti nell’abbazia di Sant’Alberto di Butrio in Oltrepò. Gli Olivetani restaurarono il complesso, che fu coinvolto nelle guerre tra Francesi e Spagnoli per il controllo di questa area strategica. Nel 1635 i Francesi occuparono Breme che trasformarono in una fortezza con mura e terrapieni, incaricandone l’alleato Vittorio Amedeo I Duca di Savoia. Ancora oggi la toponomastica ricorda i luoghi della fortezza che fu smantellata dopo che nel 1638 gli Spagnoli l’ebbero assediata e riconquistata. In seguito le fortezze furono smantellate e il complesso abbaziale fu ricostruito nelle odierne forme barocche. Di quel periodo è il chiostro porticato, di cui restano tre lati, e la torre campanaria della chiesa.

L’abbazia ebbe una presenza regolare di una comunità ridotta di monaci fino alla soppressione, avvenuta per volere del re di Sardegna nel 1782. I monaci si trasferirono quindi nell’ex canonica lateranense di Santa Maria delle Grazie di Novara mantenendo la proprietà della cascina Rinalda (con la chiesa di Santa Maria del Pollicino) che fu venduta agli Arborio di Sartirana nel 1793. Il monastero di Novara fu anch’esso soppresso dalle leggi napoleoniche nel 1805. Nel 1785 il Governo assegnò l’edificio monastico e il giardino come prebenda della parrocchia di Santa Croce di Mortara (la cui canonica Lateranense era stata soppressa ). Fu ceduta a privati nel 1830; nel 1872 una parte divenne sede del municipio come attualmente, delle scuole e dell’asilo infantile.

La chiesa venne demolita nei primi anni del sec. XIX. Di essa resta l’imponente torre campanaria, riedificata nel sec. XVII su base medioevale e l’interessante cripta ad oratorio, risalente al sec. X, mutilata nel 1800 e riattata negli anni ottanta del novecento. Si notano tre colonne di sasso e una di marmo, e i mattoni per lo più romani o tardo-antichi, di spoglio da edifici antichi dei dintorni. Della chiesa si osserva l’abside poligonale (inglobata in una abitazione) e la parete meridionale che reca traccia di archeggiatura romanica e di stucchi barocchi (la facciata fu demolita nel 1938). Sul portale di accesso alla corte rustica dell’abbazia compare lo stemma della Congregazione Olivetana. Nella chiesa parrocchiale si conservano due calici di oreficeria senese, di cui uno con stemma abbaziale, provenienti dalla chiesa di San Pietro; anche il grandioso mobile settecentesco intagliato di gusto prettamente barocco piemontese che si trova nella sagrestia della parrocchiale pare sia stato trasportato dalla chiesa abbaziale.

Negli scorsi anni l’Amministrazione Comunale e l’Accademia di San Pietro di Sartirana hanno allestito una mostra permanente sugli antichi possedimenti dell’abbazia di Breme, visitabile nei locali del municipio del paese ricavati nei primitivi ambienti del refettorio e della cucina (rimasta intatta) visitabili insieme alla cripta.

Il testo di questa pagina è stato estratto da due articoli di Don Cesare Silva nella pubblicazione “Aurora della Lomellina” (febbraio e marzo 2020).