Le case religiose a Mortara

La città di Mortara vanta - in fatto di case religiose - una casa generalizia, quella delle Suore Missionarie dell’Immacolata Regina Pacis, le nostre “Pianzoline”, da un secolo. Nei secoli passati Mortara fu la culla di una Congregazione religiosa maschile che diede alla Chiesa Santi e Pastori: i Canonici Regolari di Santa Croce, poi confluiti nei Lateranensi. Fino all’età delle soppressioni napoleoniche la città possedeva un convento maschile e due monasteri femminili dalla storia gloriosa.

Sorsero tutti nel sec. XV: epoca di particolare floridezza per Mortara che vide in quegli anni erigersi il bel San Lorenzo. Nel 1418 - secondo le antiche cronache - venne a predicare San Bernardino da Siena lasciando un grande segno nella comunità. L’entusiasmo dei maggiorenti procurò il modo di far germinare il seme gettato dal grande Predicatore con l’erezione di un convento di Francescani appartenenti all’Osservanza intitolato a San Bernardino da Siena. Il primo modesto insediamento ottenne presto l’erezione canonica da parte del papa Nicolò V il 26 agosto 1447 che portò all’edificazione di una bella chiesa con attiguo chiostro e giardino entro la cerchia dei bastioni, non lontano dall’odierna abbazia di Santa Croce, riedificata nel secolo successivo. Il complesso fu ricostruito nel 1648 e rimase attivo fino alla soppressione napoleonica avvenuta il 25 aprile 1810. La chiesa e il convento furono ridotti in opificio e albergo e scomparvero completamente. La pregevole pala dell’altare maggiore raffigurante l’Immacolata con San Bernardino, attribuita al pittore milanese Nuvoloni (seconda metà sec. XVII) fu trasportata in San Lorenzo ove tuttora si ammira nella cappella dedicata ora al Sacro Cuore. I figli di San Francesco sarebbero tornati agli inizio del novecento presso la chiesetta di Santa Maria in castello, che lasciò il posto alla monumentale chiesa di Sant’Antonio di Padova con il convento abitato dai Frati Minori fino a qualche decennio fa. Negli stessi anni, proprio di fronte alla chiesa dei frati ebbero una casa con pensionato le Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena, presenti da più tempo a Vigevano.

Negli stessi anni veniva a formarsi una comunità di donne appartenenti al Terz’Ordine Francescano presso l’antica chiesa di San Vittore. Verso il 1445 chiesero di dare vita a un monastero regolare di clausura e ne ottennero l’erezione con Breve di papa Sisto IV del 9 luglio 1482. Il monastero possedeva un chiostro affrescato e una bella chiesa che fu ricostruita nel 1571 e intitolata a Santa Chiara. Il Duca di Milano Francesco II Sforza il 17 settembre 1530 assicurava singolari privilegi alle Clarisse di Mortara che conobbero una singolare fioritura di santità. Di queste sante monache resta purtroppo solo un pallido richiamo nelle antiche cronache, e nulla più. Il monastero fu soppresso dalle leggi napoleoniche nel 1802 e adibito a residenza privata e in seguito a orfanotrofio, conservando ampi resti del chiostro quattrocentesco e di affreschi attribuiti a Gaudenzio Ferrari.

Tutto scomparve alcuni decenni fa per lasciare il posto al complesso del “Cappa-Ricci”. A poca distanza il beato Francesco Pianzola avrebbe dato vita più di un secolo dopo alla “casa madre” delle suore Missionarie.

Un secondo monastero femminile a Mortara ebbe origine negli stessi anni presso l’antica chiesa di San Cassiano, che era stata la parrocchiale del paese officiata dai Canonici di Santa Croce (la cura d’anime fu portata nella nuova chiesa abbaziale entro le mura nel 1598). Già nel 1138 i Mortariensi avevano avviato l’istituzione di un monastero regolare femminile che però non aveva potuto prendere corpo. Attorno al 1450 i Canonici Regolari Lateranensi (subentrati due anni prima ai Mortariensi per fusione delle congregazioni) eressero un monastero di canonichesse lateranensi che ebbe vita florida fino alla soppressione, causata dalle solite leggi napoleoniche, nell’anno 1801. Del complesso resta la chiesa, rinnovata nel sec. XVIII, con tracce delle precedenti fasi costruttive.

Il testo di questa pagina è stato estratto da due articoli di Don Cesare Silva nella pubblicazione “Aurora della Lomellina” (novembre 2021).