Lo storico lomellino Francesco Pezza sostiene che Pietro Filargo, eletto al soglio pontificio nel 1409 con il nome di Alessandro V, nacque a Candia Lomellina e non nell’Isola di Creta, né a Candia Canavese, come sostengono alcuni studiosi. I Filargo non erano di Crusinallo (nei pressi di Omegna, sul Lago d’Orta) e costituirono - secondo il citato autore - un cospicuo ramo lomellino disceso dal ceppo del feudatario Valingo da Candia, nel secolo XI. Questo Valingo sarebbe stato imparentato con i Conti di Canossa.
Studia ad Oxford e Parigi, diventa professore dell’università di Pisa e quindi entra alla corte di Gian Galeazzo Visconti con funzione di ambasciatore. Viene nominato arcivescovo di Milano nel 1402 e cardinale nel 1405.
È uno dei protagonisti del concilio di Pisa, che, per mettere fine allo scisma d’occidente, depone i due pontefici, quello romano e quello avignonese, e lo elegge (il 26 giugno 1409) papa con il nome di Alessandro V, istituendo così una terza obbedienza; da taluni è considerato papa legittimo. Muore a Bologna il 3 maggio 1410; il suo breve pontificato non riveste grande rilievo.
Sono cinque fratelli, patrioti italiani originari di Pavia, che si sono distinti nei moti rivoluzionari ottocenteschi: Benedetto (1825), Ernesto (1832), Luigi (1838), Enrico (1840) e Giovanni (1842). Nel 1859 i primi 4 fratelli si arruolano nei “Cacciatori delle Alpi” organizzati da Garibaldi, mentre Giovanni, troppo giovane, rimane a casa. Dei fratelli, solo Benedetto non si immolerà per l’unità d’Italia. Ernesto cade a Varese nel 1859, combattendo contro gli austriaci; Luigi muore di tifo a Napoli nel 1860 mentre si sta congiungendo alla spedizione dei Mille, cui partecipa Benedetto a capo della VII Compagnia, composta da pavesi e lomellini; Enrico cade in combattimento, a Villa Glori, nel 1867; Giovanni muore due anni dopo a seguito delle ferite riportate nello stesso combattimento di Villa Glori.
Benedetto, tra il 1861 ed il 1870, viene eletto deputato al Parlamento del neocostituito Regno d’Italia nelle file della sinistra; diventa in seguito primo ministro dal marzo al dicembre 1878, e dal luglio 1879 al maggio 1881, in alternanza con il senatore vogherese Agostino Depretis. Tra le riforme interne più significative portate a termine da Benedetto è da segnalare l’introduzione dell’obbligo dell’istruzione elementare dal 1879. Rimproverato di aver seguito una politica estera assai lesiva degli interessi dell’Italia, specialmente nei confronti della Francia, nel 1881 si dimette e si ritira a vita privata. Benedetto, medaglia d’oro al valor militare, si spegne a Capodimonte (Napoli) il giorno 8 agosto 1889, ospite del re Umberto I, cui ha salvato la vita il 17 novembre 1878, ricevendo una pugnalata diretta al sovrano. È sepolto nella tomba di famiglia, assieme ai suoi fratelli, a Gropello.
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Originari di Confienza, vissuti entrambi nel XV secolo. Giacomino è priore del Collegio medico di Torino, mentre Pantaleone acquista rinomanza quale lettore di medicina, dapprima all’università di Pavia, poi allo “Studium” torinese; è anche il medico di corte di Ludovico il Moro.
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Le prime suore vengono formate ad una missione particolare nelle campagne della Lomellina, dove più calda è la lotta dei lavoratori sfruttati ed oppressi. Inviate nei cascinali più lontani dai centri urbani, visitano ed incontrano la gente più umile ed emarginata. Particolare attenzione viene rivolta alle giovani e alle donne. Oggi questo ordine religioso è ancora molto attivo in Lomellina, in diverse parti d’Italia, in Francia, ed anche in luoghi di missione, in particolar modo in Africa (Costa d’Avorio, Mali e Burkina Faso) e in Brasile (San Paolo, Goias e Pernambuco).
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I vigevanesi (da lui considerati come la “sua gente”) sono da sempre molto legati al Beato Matteo a causa degli innumerevoli miracoli compiuti a loro favore. Nel 1482 Papa Sisto IV permise la traslazione del suo corpo e la commemorazione nei divini Uffici. Benedetto XIV nel 1742 concedeva all’ordine dei Domenicani l’ufficio e la messa del Beato. Nel 1518, con pubblico decreto, la città di Vigevano lo elesse a suo Protettore e, nel 1645, il suo corpo venne collocato in un’arca di ebano e depositato nello scurolo appena costruito sotto l’altare maggiore della Chiesa di San Pietro Martire di Vigevano, dove è ancora venerato come protettore. Si rese celebre per la sua fervente predicazione, il cui tema centrale era la Passione di Gesù. La sua voce appassionata risuonò in Lombardia, Toscana, Liguria e Veneto, ottenendo innumerevoli conversioni.
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Milita nelle fila di Pro Vercelli, Lazio, Torino, Juventus e Novara, senza mai riuscire a conquistare uno scudetto. In compenso si aggiudica per due volte la classifica dei cannonieri (nel 1937 e 1942, sempre con 21 reti). È, soprattutto, il bomber della nazionale azzurra campione del mondo in Francia nel 1938, dove ha modo di esaltarsi a fianco di un altro grande del calcio italiano, Giuseppe Meazza. Segna 5 gol, tra cui due decisivi in finale contro l’Ungheria. Tra le sue reti storiche, ce n’è una segnata astutamente di mano, che permette all’Italia di pareggiare 2-2 con l’Inghilterra, a Milano, nel 1939.
Muore a Vercelli nel 1996.
Nasce nel castello di Vigevano, nel 1452; figlio di Francesco Sforza e di Bianca Maria Visconti. Alla morte del fratello Galeazzo Maria, duca di Milano, Ludovico cerca di estromettere dalla carica il giovane nipote, il duca Gian Galeazzo, ma il tentativo fallisce ed egli viene esiliato in Toscana. Nel 1480, dopo tre anni di lontananza, ottiene di poter rientrare a Milano, e riesce a farsi nominare tutore di Gian Galeazzo; nel 1494, alla morte di questi, Ludovico venne insignito ufficialmente del titolo di duca. Incoraggiato anche dalla moglie Beatrice d’Este, diventa un grande mecenate e accoglie alla sua corte artisti e studiosi di straordinario talento, fra cui Leonardo da Vinci; grandiose, tra l’altro, sono le opere che ha fatto costruire a Vigevano. Le sue iniziative politiche, tuttavia, sono disastrose per l’Italia: alleato inizialmente con il re Ferdinando I di Napoli, teme poi che il matrimonio tra Gian Galeazzo e una nipote di Ferdinando (avvenuto nel 1489) possa costituire una minaccia per il suo potere e muta posizione; relega Gian Galeazzo a Pavia, e nel 1494 sostiene Carlo VIII re di Francia nei suoi progetti di conquista del regno di Napoli. Nel 1495, però, preoccupato delle mire espansionistiche dei francesi, Ludovico si unisce a Venezia e riesce a scacciare gli invasori. Nel 1499, il re Luigi XII, succeduto a Carlo sul trono di Francia, scende nuovamente in Italia e conquista Milano. Ludovico allora fugge in Germania; torna in Italia un anno dopo con nuove truppe, ma viene catturato e portato come prigioniero in Francia, dove muore, a Loches, nel 1508.